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RASSEGNA STAMPA

Un Milan a due facce: da San Siro all’arena NBA, l’idea di Cardinale

Alessia Scataglini
Alessia Scataglini
Il Milan potrebbe presto non essere più solo una squadra di calcio: ecco l'ultimo progetto di Gerry Cardinale

Il Milan potrebbe presto non essere più solo una squadra di calcio. RedBird Capital, il fondo di Gerry Cardinale, sta lavorando a un progetto ambizioso che potrebbe far sbarcare una franchigia NBA in Europa, con il club rossonero in prima linea. L'idea, come riporta la Gazzetta dello Sport e Calciomercato.com, è quella di creare una lega indipendente sul modello americano, con Milano come città centrale e una squadra sotto il brand del Milan.

Milan, un modello polisportivo con l'NBA: l'idea di Cardinale

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Da oltre un anno, RedBird e la NBA, tramite il commissioner Adam Silver, stanno dialogando per far nascere una nuova lega europea di basket. L'obiettivo è quello di creare un campionato con 16 squadre e coinvolgere i maggiori club calcistici europei, come PSG e Manchester City. Per il Milan, si tratterebbe di un'espansione strutturale nel mondo del basket, un passo in avanti per diventare un vero e proprio "modello polisportivo".

Un progetto che, pur con un costo d'ingresso elevato (si parla di 500 milioni di euro), potrebbe portare a una sinergia unica tra sport, business e intrattenimento.

Ostacoli e tempistiche: la sfida per il Milan

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Il percorso non è privo di ostacoli. La prima grande sfida riguarda le infrastrutture: Milano non dispone di un'arena "NBA-ready" con almeno 15.000 posti. L'altra grande incognita sono le tempistiche. Nonostante si volesse partire già nel 2026, i tempi si sono allungati per non rompere i rapporti con l'Eurolega, e l'obiettivo è ora quello di creare un piano sostenibile e duraturo.


Il Milan, grazie alla popolarità globale del suo brand, giocherebbe un ruolo cruciale nel rendere il progetto economicamente sostenibile. E sebbene a Milano esista già l'Olimpia, la sua licenza con l'Eurolega potrebbe aprire le porte a una nuova franchigia rossonera. Un'idea che, in un'epoca in cui calcio e business si fondono sempre più, sembra tutt'altro che un'utopia.