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Sacchi: “Berlusconi mi ha cambiato la vita, era avanti 10 anni”

Berlusconi compie 80 anni e quattro suoi amici gli hanno voluto fare gli auguri raccontandolo. L'Edilnord, il Milan e tanto altro. Ecco le parole di Sacchi.

Stefano Bressi

Riassumere gli 80 anni di Silvio Berlusconi è impresa ardua. Un uomo che ha ottenuto successi straordinari in ogni campo, ma che al suo Milan ha sempre riservato un posto d’onore. La Gazzetta dello Sport, per rivivere la vita del Presidente, ha intervistato quattro persone che lo conoscono molto bene: Guido Possa per la gioventù, il fratello Paolo per gli anni dell’affermazione, Arrigo Sacchi per l’epoca d’oro rossonera e Gennaro Gattuso per gli ultimi successi.

SACCHI - Per tutti, tra la fine degli anni Settanta e l'inizio degli Ottanta era solo un visionario. Anche negli spogliatoi delle squadre che allenava c'era molta diffidenza. Berlusconi, però, ha visto in lui qualcosa di buono, si è fidato nonostante l'anno prima fosse arrivato settimo in Serie B, il risultato lo conosciamo tutti. Ecco perché Sacchi gli sarà sempre riconoscente: "Ci siamo parlati la prima volta dopo un'amichevole, un minuto non di più. Mi ha detto: 'La seguo'. Poi mi ha chiamato ad Arcore e pensavo volesse parlare di qualche nostro giovane. Quando ho capito gli ho detto: 'O siete dei geni o dei pazzi, datemi il contratto che firmo in bianco, tanto faccio un anno e poi smetto'. Mi hanno dato meno dello stipendio di Parma, scherzando con Galliani glielo ricordo sempre. Berlusconi però mi ha cambiato la vita. È sempre stato un signore, oltre che un fenomeno: era 10 anni avanti. Ha lasciato un segno indelebile, ha dato il via al Rinascimento del calcio. Al Milan c'era uno stile, fatto di intelligenza e volontà, c'era un sogno. Non mollava mai, non dormiva mai. Non abbiamo mai litigato, mi ha sempre ascoltato e mai criticato. Neanche quando ho lasciato Van Basten in panchina. La trattativa più difficile è stata quella per Ancelotti: il medico diceva che aveva un'invalidità del 20% al ginocchio, ma gli chiesi di prenderlo comunque perché con lui avremmo vinto lo Scudetto. Alla fine mi ascoltò. Ci sentivamo tutti i giorni, ma non mi ha mai chiesto di far giocare un giocatore. Non mi ha mai tolto autonomia. Il primo anno, quando ero in difficoltà, fece un discorso alla squadra per difendermi. Disse che io ero l'allenatore che aveva scelto e chi mi avrebbe seguito sarebbe rimasto, altrimenti sarebbe andato via. I trenta secondi più efficaci che abbia mai visto. Voleva a tutti i costi Borghi, ma io sapevo che era un pessimo professionista perché si era allenato con noi. Andai da lui, mentre era con Craxi, e gli dissi che se avessimo vinto lo scudetto Borghi non sarebbe venuto. Lo vincemmo. La lezione che resta da Berlusconi è il suo sogno ambizioso, ma realizzato: vincere giocando bene. Non ha mai percepito un successo senza merito. C'è chi dice che l'importante è solo vincere, per lui non è mai stato così..."

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