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Milan, Pioli: “Ibrahimovic è insaziabile: che regalo della proprietà!”

Stefano Pioli e Zlatan Ibrahimovic del Milan (credits: acmilan.com)

Il tecnico del Milan Stefano Pioli ha rilasciato in esclusiva una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport: ecco le sue parole

Alessio Roccio

NEWS MILAN - Il tecnico del Milan Stefano Pioli ha rilasciato in esclusiva una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport: ecco le sue parole.

Sul ritorno di Ibrahimovic: "E' un giocatore insaziabile, ha carisma e non ha mai smesso di migliorarsi e aggiornarsi. Porterà entusiasmo, esperienza e tanta voglia di fare. La proprietà e i dirigenti mi hanno fatto proprio un gran bel regalo, adesso dobbiamo essere bravi a sfruttare Ibra nel modo giusto e non come scudo come ha detto Boban. Per dimenticare Bergamo serve un cambiamento radicale, nessuno vince da solo. Ibra è Ibra, ma noi siamo il Milan e dobbiamo imparare ad acquisire quella determinazione che troppo spesso è mancata. Ibra è carico. Continueremo a parlare perché dal dialogo nascono idee e soluzioni".

Su come sta il Milan: "Mi aspettavo situazioni critiche, ma invece ho trovato grande disponibilità da parte dei giocatori, grande compattezza nell'ambiente e mi sono sentito subito dentro al progetto. Ho detto ai miei collaboratori che dopo un giorno pensavo di essere qua da sempre. Una squadra giovane con tutti i pro e i contro della gioventù che stava cercando ancora una sua identità. Io sto lavorando per definirla. Bergamo è stata una brutta battuta d'arresto, ma abbiamo tutti gran voglia di riscatto e di dimostrare che non siamo quelli. I ricordi negativi possono trasformarsi in opportunità: dobbiamo imparare dai nostri errori".

Il suo primo discorso: "Ho spiegato i metodi di lavoro e i principi del mio calcio. Ma soprattutto ho cercato di motivarli: se sei al Milan significa che hai dei valori e li devi mettere in campo".

I suoi principi di gioco: "Una squadra propositiva che prova a fare la partita. L'obiettivo è dominare la partita. Credo molto nella lettura degli spazi. Dobbiamo essere bravi ad avere una squadra che abbia ampiezza in zona offensiva e soprattutto profondità. Io non voglio dominare per avere più possesso palla, mi importa poco. Le cose importanti sono le occasioni avute o subite e i tiri fatti o subiti. Dobbiamo avere una squadra intelligente: se hai calciatori intelligenti è più facile fare un determinato tipo di gioco".

Principi umani: "Buon senso e rispetto. Siamo in tanti, lavoriamo insieme, il nostro è uno sport collettivo. In questi anni i calciatori sono diventati aziende individuali, ma per fare bene ci vogliono delle regole da rispettare da tutti".

Sui calciatori di oggi: "E' cambiata la società, il modo di porsi con gli altri. Per questo io non credo più ai ritiri. Una volta erano davvero aggreganti, giocavamo a carte, a biliardo, a Risiko, si stava insieme e si condivideva tutto. Adesso i calciatori stanno tutti sulla Play Station, al computer, col proprio Ipad. Parlano poco tra loro, per questo io cerci di farli insieme più tempo possibile senza telefono. Anche loro capiscono che è un modo per conoscersi meglio. Il mondo non può essere racchiuso in Twitter e Facebook. Ci si conosce con le parole: questa è la vita reale non virtuale".

Sull'uso del telefonino: "E' consentito la prima mezz'ora, quando arrivano nello spogliatoio. Poi, il resto della giornata, no".

Sulla condizione mentale della squadra: "L'ho trovata confusa quando sono arrivato, con situazioni non troppo chiare. Io sono un allenatore diretto, sincero. Ho idee chiare e cerco di trasmetterle con chiarezza".

Sul rapporto coi calciatori: "Credo sia l'aspetto più importante del nostro lavoro. Ogni allenatore ha le sue idee, però credo che capire ogni situazione individuale dei calciatori sia l'aspetto più difficile del lavoro di un tecnico. Io cerco di parlare tutti i giorni con loro. Il fatto di aver accumulato una certa esperienza sia da calciatore prima che oggi da allenatore mi permette di capire quando c'è da intervenire in maniera dura o in modo più paterno. Troppe volte ci si dimentica che sono ragazzi. Se sono qui significa che se lo meritano e se lo sono conquistato. Ma rimangono ragazzi con le loro fragilità".

Sull'allenatore più bravo al mondo: "Per me è Pep Guardiola. Durante un periodo che ero fermo sono andato una settimana a Monaco a vedere i suoi allenamenti. Scambiavo opinioni con lui ogni volta che finiva una sessione. Mi piace il suo modo di fare calcio e di porsi".

Su Van Basten: "Ho avuto la fortuna di marcarlo quando giocavo a Firenze: è l'attaccante più forte e più completo contro cui abbia mai giocato. Era cattivo, determinato, forte di testa, tecnico e veloce: un centravanti fantastico".

Su Piatek: "Io l'ho trovato poco brillante dal punto di vista fisico e quando non stai bene da quel punto di vista non lo stai nemmeno mentalmente. Adesso credo stia bene, sta facendo delle buone prestazioni. Ma è chiaro che tutti dal centravanti si aspettano i gol e quindi quando non segna viene criticato. Lo vedo bene, è in crescita rispetto a prima".

Il giovane più interessante: "A parte Chiesa che l'ho allenato, sono stupito da Castrovilli. Impressionato per qualità e quantità, non pensavo che potesse avere questo impatto in serie A".

Sulla posizione a fine campionato: "Più in alto possibile. Questa non sarà una squadra di fenomeni, ma è una buonissima squadra. Sono sempre stato uno coi piedi per terra. Europa? Non dobbiamo porci traguardi in questo momento. L'obiettivo è vincere la prossima partita e ripartire bene dopo la sosta. Abbiamo un calendario difficile, ma siamo il Milan e non dobbiamo dimenticarlo". Ieri, invece, ha parlato Claudio Ranieri: continua a leggere>>>

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