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Lentini: “Milan? Non volevo andarci, ma non mi pento. Dissi quattro volte no a Berlusconi”

Gianluigi Lentini contro Demetrio Albertini e Federico Giunti in un Milan-Torino del 16 dicembre 1999 (credits: GETTY Images)

Gianluigi Lentini, grande ex di Milan e Torino, ha ricordato il trasferimento che lo vide protagonista nell'estate 1992 e parlato anche della gara odierna

Daniele Triolo

"Gianluigi Lentini, grande ex di Milan e Torino, ha ricordato il trasferimento di calciomercato che lo vide protagonista nell'estate 1992 e parlato anche della gara odierna a 'San Siro' (clicca qui per tutte le news in tempo reale). Queste le dichiarazioni di Lentini a 'La Gazzetta dello Sport'.

"Sugli anni Novanta: “Pazzeschi e formidabili, poteva accadere di tutto. Non sono in grado di dire se fosse un’Italia migliore, ma posso garantirvi che si vivevano dei momenti incredibili. Io ne sono il testimone vivente: se dovessi raccontare ad un ragazzini di oggi la mia storia, probabilmente non mi crederebbe. Ebbi come la sensazione di essere dentro a uno di quei film americani. Invece era semplicemente la mia vita, calata in quel contesto, in quell’Italia”.

"Sull’Italia dell’epoca: “Era il centro di tutto: della politica, dell’economia, di riflesso nel calcio. È stata la nostra età dell’oro. Qual era secondo voi il motivo per cui tutti i migliori calciatori del mondo venivano da noi? Perché eravamo il top. C’era la Serie A e poi tutto il resto. L’Italia era il calcio nel mondo, ora non è più così”.

"Sull’irruzione di Silvio Berlusconi nel mondo del calcio: “Fu una naturale conseguenza. In quegli anni, il calcio era rappresentato soprattutto dal Milan. C’era la Milano da bere perché Milano dominava su tutto dal punto di vista economico. Fu il contesto ideale per far emergere una persona del calibro di Berlusconi, il calcio fu lo specchio di quella società: c’era Berlusconi da una parte e tutto il resto d’Italia dall’altra. Con quel Milan non si poteva competere, era la miglior società al mondo, per il valore dei giocatori e per la potenza economica. Da quel momento è cambiato il calcio”.

"Sul rapporto tra calcio e politica: “Tutti i Presidenti entravano in politica. Lo fece Berlusconi, lo fece Gian Mauro Borsano a Torino. Non so darmi una spiegazione: forse era il vento di quel periodo che spingeva a farlo. Io simbolo di quella nuova Italia che emergeva? In qualche modo sì, perché un trasferimento come il mio non si era mai visto”.

"Sul suo trasferimento dal Torino al Milan: “Io il Cristiano Ronaldo della mia epoca? Non voglio esagerare ma, con le dovute proporzioni, io sono stato anche di più perché in quegli anni era impensabile l’acquisto di un calciatore a quelle cifre: oggi è normale spendere 70, 80, 100 milioni per un giocatore, quasi più nessuno ci fa caso. Invece quando andai via io dal Torino, scoppiò un pandemonio. Mamma mia che ricordi”.

"Sulle modalità del trasferimento: “Io non combinai nulla, combinarono loro, i dirigenti del Torino: io al Milan non volevo proprio andarci. Fui molto combattuto. Torino è casa mia, sono granata dentro tutt’ora. Il giorno in cui andammo a Milano per firmare, cambiai idea in autostrada. Giuro. Ultimo giorno di calciomercato, mancavano poche ore alla chiusura: in sede al Milan ci aspettavano Berlusconi ed Adriano Galliani per le firme. Partimmo da Torino io ed i miei procuratori, Claudio Pasqualin ed Andrea D’Amico. Superato il casello di Milano feci fermare la macchina e dissi ai miei procuratori: ‘Al Milan non vado più, torniamo indietro’. Momenti di panico, i procuratori chiamarono papà: ‘Gigi è impazzito’. Avevano le mani nei capelli. Il tempo stava scadendo. Infine mi convinsero ed oggi non mi pento. Ci sono offerte che non si possono rifiutare. Se avessi seguito il cuore, sarei rimasto al Toro”.

"Sul suo rapporto con Berlusconi: “Dopo che chiuse l’accordo con Borsano, con me è impazzito: gli ho detto di no almeno quattro volte prima di accettare il Milan. Lui non comprendeva il mio rifiuto. Al Milan ho scoperto un Berlusconi attentissimo, premuroso, faceva tutto in funzione della vittoria. E più si vinceva, più lui voleva vincere”.

"Su Urbano Cairo: “Nelle ambizioni si avvicina molto a Berlusconi. Gli mando un messaggio: mi sento pronto a fare qualcosa nel Toro, in società. Forse lui non vede bene il rientro delle bandiere, ma incontriamoci, può nascere qualcosa di buono”.

"Sul Torino: “Per me è stato tutto. Una mamma, mi ha reso un giocatore di alto livello. Sarò sempre grato al Toro”.

"Sul Milan: “La possibilità di coronare il sogno di essere al top e di vincere qualcosa di importante. Mi resterà sempre il rammarico di aver perso la finale di Champions League contro l’Olympique Marsiglia. Poi arriva quel terribile incidente in autostrada che mi ha frenato la carriera. Avrei potuto raccogliere molto di più con il club e con la Nazionale, mi giocai il Mondiale negli USA nel 1994”.

"Oggi un Milan-Torino con squadre al quarto e sesto posto: “Non ci avrei scommesso, ma ci avrei sperato. Entrambe stanno facendo bene, devono solo acquisire più continuità. Spero che possano durare fino alla fine”.

"Sulla corsa Europa League del Torino: “La squadra è forte, aiutata da un campionato che non corre. Non è un obiettivo proibitivo”.

"Sulla corsa Champions League del Milan: “Il valore aggiunto è sicuramente Gonzalo Higuaín, e credo che non abbia dimostrato ancora tutto il suo valore. Gli consiglio di essere più tranquillo”.

"Su Walter Mazzarri e Gennaro Gattuso: “Mazzarri ha sempre centrato gli obiettivi, per Gattuso è il primo vero anno, vedremo cosa riuscirà a fare. Caratterialmente un po’ si somigliano, due belli grintosi”.

"Su Jesús Suso e Iago Falque: “Entrambi mi piacciono tantissimo, incisivi, fantasiosi: uno spettacolo vederli giocare. Saranno loro a deciderla”.

"Su Andrea Belotti: “Se Cairo ha fatto bene a rifiutare due anni fa l’offerta per lui? Fece una scelta per il popolo, rifiutando tanti soldi e ha fatto bene. Poi Belotti si è infortunato e mi dà l’impressione di non essersi ripreso del tutto, ma in lui credo ancora”.

"Sul Torino atteso dal Milan e poi dalla Juventus: “Una grande possibilità: se passa indenne il mese del fuoco, farà il salto di qualità”.

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