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Milan, Walker spiazza sul suo trasferimento in rossonero: e su Ibrahimovic …

Fabio Barera
Fabio Barera Redattore 
Kyle Walker, terzino del Burnley, ha rilasciato alcune dichiarazioni tornando a parlare del suo trasferimento in prestito al Milan

Kyle Walker, terzino del Burnley, ha rilasciato una lunga ed interessante intervista ai microfoni del 'The Telegraph', tornando a parlare del suo trasferimento in prestito al Milan. Ecco, dunque, un estratto delle sue dichiarazioni.

Walker: "Egoista ad andare al Milan. Quando mi chiamò Ibrahimovic ..."

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Sul passaggio al Milan: «Quando è arrivato il Milan e Zlatan Ibrahimovic mi ha chiamato, puoi rifiutare questa opportunità quando sei seduto in panchina nel tuo attuale club? Probabilmente avrei dovuto aiutare i miei compagni a lottare, ma a volte, egoisticamente, pensi “Ok, fammi sperimentare qualcosa di diverso”».

Sul passaggio al Burnley: «Il mio agente mi ha detto che il Burnley era interessato, aggiungendo: “Sarei un po’ stupido nel chiederti se vuoi andare lì?” E ho detto “No, sicuramente no, mi piacerebbe parlare col tecnico Scott Parker. Alla fine sono in un club di Premier League. Io gioco a calcio, giocherei anche gratis. Vengo pagato ed è fantastico, ma lo farei anche gratuitamente. Probabilmente prendo soldi per le pressioni esterne. Ricordo di aver firmato per il Tottenham nel 2009 e ho detto al mio agente che non volevo firmare un altro contratto in vita mia. Non gioco a calcio per soldi. Gioco a calcio per i risultati e le ricompense che sono stato molto fortunato ad avere».

«Ho giocato a Northampton, allo Sheffield United, al Qpr, al Tottenham. L’ho fatto. Voglio rimanere in questo campionato e non sono qui solo per dire “Ci siamo salvati dalla retrocessione”. Fissiamo i nostri standard più alti. Posso portare esperienza e cuore. Voglio fare bene, se rimaniamo in Premier, allora per me sarà come vincere un trofeo».


Sul Manchester City: «Ho il massimo rispetto per i tifosi del Manchester City. Sono stati incredibili, sono rimasti con noi nel bene e nel male. Ma io ero il capitano e la squadra non stava andando bene. C’erano grandi giocatori che sono mancati in grandi periodi in quella stagione e mi sentivo come se fossi sotto accusa. Sentivo di essere un alibi perché ero il capitano».