Mentre il mondo del calcio celebra un altro anno di Ricardo Kakà, riaffiora un aneddoto che, seppur inaspettato, getta una luce inedita sulla sua leggendaria carriera rossonera: la celebre, e a detta di Adel Taarabt "mai vista", lite avvenuta tra il fuoriclasse brasiliano e l'estroso attaccante marocchino. Un racconto che, a distanza di anni, continua a sorprendere e a svelare dinamiche interne di uno spogliatoio di altissimo livello.

INTERVISTE
Taraabt e quella famosa lite con Kakà: “Gli ho messo le mani addosso”
Le parole di Taarabt, rilasciate tempo fa a gazzetta.ti, dipingono una scena vivida, quasi surreale, considerando l'immagine di impeccabilità che ha sempre accompagnato Kakà. Teatro dell'episodio, il campo di allenamento di Milanello, durante una sessione di attacco contro difesa. La miccia si accende per un pallone non servito al "ragazzo perfetto", bensì indirizzato ai piedi di un altro talento imprevedibile come Mario Balotelli. La reazione di Kakà, a detta di Taarabt, fu tutt'altro che pacata, scatenando nello stesso marocchino un misto di stupore e stizza.
Le parole di Taraabt
—"Diavolo, è Kakà!", avrebbe pensato Taarabt, quasi incredulo di fronte all'ira del compagno. Un'esclamazione che sottolinea il profondo rispetto che circondava la figura del brasiliano all'interno dello spogliatoio rossonero. Ma la sorpresa non bastò a placare l'indole focosa dell'ex Milan: "A un certo punto gli ho messo le mani al collo", confessò Taarabt, quasi a voler sottolineare come anche la figura più autorevole possa, in determinate circostanze, superare il limite. "Io capisco che sei Kakà, ma se urli io perdo la testa", la sua giustificazione, cruda e sincera.
Questo episodio, di per sé, offre uno spaccato inatteso sulle dinamiche umane che si celano dietro la facciata del calcio professionistico, dove anche le icone di equilibrio possono essere scosse da un momento di tensione. Ma il racconto di Taarabt non si conclude con la frizione sul campo. Anzi, il seguito dell'aneddoto eleva ulteriormente la statura umana di Kakà.
Il giorno seguente, infatti, il brasiliano compì un gesto di grande maturità e signorilità: si scusò con Taarabt e lo invitò a pranzo. Un modo elegante per stemperare le tensioni, per ricucire uno strappo che avrebbe potuto incrinare l'armonia del gruppo. Un comportamento che, in fondo, conferma la grandezza di Kakà, non solo come calciatore ma anche come uomo, capace di riconoscere un momento di eccesso e di tendere la mano al compagno.
Le rivelazioni di Taarabt aprono poi una finestra sul clima complesso che si respirava nello spogliatoio rossonero in quel periodo, con la confessione dell'esistenza di "clan" e di divisioni interne riguardo alla gestione di Seedorf. Un contesto che rende ancora più significativa la reazione e il successivo gesto di Kakà, in un ambiente tutt'altro che idilliaco.
Nel giorno in cui celebriamo il talento e la carriera di Ricardo Kakà, questo aneddoto, ripescato dalle memorie di un suo ex compagno, ci ricorda che anche le figure più luminose possono vivere momenti di tensione. Ma soprattutto, sottolinea la sua capacità di superare le divergenze con umanità e signorilità, qualità che lo hanno reso un campione non solo in campo, ma anche fuori.
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