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Serginho: “Vi racconto il mio Milan. Theo Hernández tra i migliori al mondo”

Serginho (ex difensore AC Milan), qui con la maglia rossonera nel 2006 | AC Milan News (Getty Images)

ULTIME NOTIZIE MILAN NEWS - Serginho, ex difensore del Milan, ha rilasciato un'intervista esclusiva a 'Il Posticipo'. Tutte le dichiarazioni del 'Concorde'

Daniele Triolo

Milan, l'intervista di Serginho tra passato, presente e futuro

"ULTIME NOTIZIE MILAN NEWS - Serginho, classe 1971, ex terzino sinistro del Milan, ha rilasciato un'intervista esclusiva a 'Il Posticipo' (LEGGI QUI L'INTEGRALE). Tutte le dichiarazioni del 'Concorde' brasiliano.

"Oggi lei si occupa di calciomercato: com'è nato il rapporto professionale con Alessandro Lucci: "È iniziato tutto nel 2000-01 quando Alessandro lavorava a Roma. Da quel momento è cominciato un rapporto di amicizia tra le nostre famiglie. Lui era sempre a Milano, io andavo a Roma quando ero libero. Un giorno gli ho chiesto se era disponibile per lavorare insieme: avevo un procuratore in Brasile e allora la distanza dava qualche problema. Sapevo che Alessandro aveva le caratteristiche giuste per diventare uno dei procuratori più importanti al mondo. È una persona molto chiara e trasparente e ha dimostrato tutto il suo valore. Più che un amico per me è diventato un fratello, una persona di famiglia".

"Com’è fare mercato? "Quando ho smesso di giocare con il Milan ho iniziato a fare scouting: ero responsabile del settore del Sudamerica. Abbiamo creato rapporti di lavoro con club e giocatori e oggi ho portato tutta la mia esperienza con il Milan al servizio della 'World Soccer Agency'. Fare mercato è divertente quando inizi a fare qualcosa di buono, come succede sempre nella vita. Considero quest’esperienza molto positiva. È completamente diverso rispetto a stare in campo. Sono stato anche in panchina con Leonardo all’Antalyaspor, ho ricoperto il ruolo di secondo allenatore, ma fare mercato mi dà più piacere".

"Com’è andata all’Antalyaspor con Leonardo? "Il progetto è durato poco perché c’è stato un problema amministrativo. L’esperienza è stata piacevole: non andavo in campo da tanto tempo e prima non avevo mai allenato. Poi ho lavorato con Leonardo, un grandissimo amico. Però gestire 25 teste è una cosa molto difficile. Un calciatore pensa solo a giocare, l’allenatore invece deve pensare a tutto: a programmare le sedute, a spiegare le proprie idee nel modo più chiaro possibile. Un allenatore deve essere uno psicologo, un padre e un amico per i suoi giocatori".

"Prima di giocare a calcio lei faceva atletica: come ha scoperto la passione per il pallone? "Mi è sempre piaciuto fare sport. Ai tempi della scuola partecipavo al torneo studentesco di calcio, pallavolo, beach volley e atletica. Gareggiavano più di 20 scuole di Rio de Janeiro. Io facevo calcio, pallavolo e soprattutto atletica. Un giorno mi stavo allenando per le corse, un calciatore era assente così alla fine dell’allenamento mi hanno chiesto se volevo giocare con loro e ho accettato. Mi sono allenato con la squadra di calcio, sono andato molto bene e il tecnico mi ha chiesto se volevo unirmi a loro per fare il torneo. Ero impegnato con l’atletica però l’idea di giocare a pallone mi piaceva. Dopo un mese ho cominciato a praticare entrambi gli sport e alla fine sono diventato titolare anche della squadra di calcio".

"Ha giocato con Nelson Dida e Ricardo Kaká in Brasile: è stato bello ritrovare entrambi al Milan?  "Dida e Kaká sono due fratelli che mi ha dato il mondo del calcio. Abbiamo sempre avuto un bellissimo rapporto. Oggi vedo poco Kaká perché ha la sua vita a San Paolo, io sono spesso a Milano. Con Dida ci incontriamo con più frequenza. Abbiamo vissuto tante cose belle insieme, abbiamo condiviso vittorie e sconfitte. Andavamo fuori a cena a Milano e viaggiavamo tanto. C’è ancora una stupenda amicizia. Anche se non ci vediamo per un po’, ci basta un minuto per ritrovarci e ci sembra di non esserci persi mai".

"Come vede Dida nel ruolo di allenatore dei portieri del Milan? "Io e Dida abbiamo frequentato insieme il corso della UEFA. Nelson desiderava trovare il suo nuovo posto nel calcio dopo il ritiro. Tramite Angelo Carbone è entrato nel settore giovanile del Milan. Giorno dopo giorno Nelson ci ha preso gusto ad allenare e dopo un anno e mezzo si è guadagnato la possibilità di lavorare con Gigio Donnarumma, uno dei portieri più forti al mondo. Dida è molto felice di far parte del nuovo gruppo del Milan".

"Dida ha già insegnato qualcosa a Donnarumma? "Per tanti anni Nelson è stato uno dei tre portieri più forti al mondo. Da calciatore è tra quelli che hanno vinto di più in assoluto: con il Brasile ha conquistato il Mondiale e la Coppa America, con il Milan la Champions League e il Mondiale per Club. Nelson ha vinto i titoli più ambiti a livello sudamericano ed europeo. Un giocatore così, con la sua esperienza e la sua importanza, ha sempre qualcosa da insegnare".

"Nel 1999 lei poteva andare alla Lazio anziché al Milan: perché non è andato a Roma? "Quando giocavo nel San Paolo la Lazio poteva acquistarmi e prima di andare al Milan saltò fuori anche la Juventus, ma il mio desiderio era di giocare coi rossoneri. Ho scelto il Milan perché lo seguivo fin da piccolo: guardavo le partite di Franco Baresi, Paolo Maldini, Alessandro Costacurta, Sebastiano Rossi, Demetrio Albertini, Roberto Donadoni. E quando avevo 14-15 anni guardavo il Milan degli olandesi. Sognavo di giocarci, ma non sapevo se avevo le qualità giuste per indossare la maglia rossonera. Alla fine però è andata bene".

"Nel 2003 vinse la Champions a Manchester con i rossoneri proprio contro la Juventus ... "Ho fatto la scelta giusta. La Juve è una grande squadra e in quel momento anche aveva dei grandissimi campioni. È stata una delle finali più belle della Champions League, una partita molto equilibrata, molto tattica e ben studiata da entrambe le parti: avrebbero potuto vincere entrambe. Per fortuna abbiamo portato a casa il torneo più importante per club e quello che un giocatore sogna di vincere nella sua vita".

"Tra il primo rigore di Manchester 2003 e di Istanbul 2005, quale ha pesato di più? "Sicuramente quello di Istanbul perché la storia della partita è stata psicologicamente difficile da accettare. A fine primo tempo eravamo sul 3-0, poi loro hanno pareggiato, noi abbiamo ritrovato il nostro equilibrio mentale e abbiamo avuto quattro-cinque occasioni chiare da gol: la parata di Jerzy Dudek su Andriy Shevchenko è stata una bastonata terribile per noi. In porta c’era Dida al top della sua carriera, avevamo Marcos Cafu, Alessandro Nesta, Jaap Stam e Maldini: contro di loro in allenamento ci voleva mezz’ora per fare un tiro in porta, ad Istanbul abbiamo preso tre gol in meno di dieci minuti, qualcosa di impossibile. Per questo motivo tirare il rigore contro il Liverpool è stato difficile. Calciare per primo dal dischetto però è sempre complicato".

"Quanto è stato difficile ripartire dopo quella finale?  "Io pensavo che dopo quella sconfitta fosse finito il ciclo del Milan. L’età media della squadra era alta, sui 31-32 anni, e i giocatori più giovani all’epoca erano pochi: Kaká, Andrea Pirlo e Gennaro Gattuso. Dopo quella finale, noi del gruppo storico pensavamo che fosse impossibile ripartire con una squadra così avanti con gli anni. È stato molto importante il contributo del Presidente Silvio Berlusconi, del dottor Adriano Galliani e di Carlo Ancelotti: tutti e tre hanno dato fiducia al gruppo. Il segnale più importante per noi giocatori è stata la campagna acquisti dell’anno successivo: il Milan ha preso pochissimi calciatori. È stata la conferma che credevano ancora in noi. Sono andati via due-tre giocatori e siamo rimasti col 70-80 % del gruppo di quella finale. Piano piano ci siamo ritrovati: l’appoggio di Berlusconi, Galliani e Ancelotti è stato fondamentale".

"Nel 2007 rivincita contro il Liverpool e Mondiale per Club contro il Boca Juniors. Bastarono per cancellare le delusioni precedenti?  "No, non è bastato. Il calcio è strano. Ad Atene nel 2007 meritava di vincere il Liverpool: ricordo tre-quattro occasioni da gol chiare per loro nel primo tempo, Dida ha salvato il Milan, poi abbiamo segnato l’1-0 con Filippo Inzaghi che ha deviato in porta la punizione di Pirlo. La squadra che ha perso ad Istanbul era più forte di quella che ha vinto ad Atene, era più preparata e più pronta per vincere la Champions. La partita contro il Liverpool nel 2007 è stata più equilibrata, nel 2005 invece noi eravamo più forti di loro".

"Il suo Milan avrebbe potuto vincere di più in Europa? "Sicuramente sì, ma non solo in Europa, anche in Italia perché era un gruppo fortissimo. Oltre alla finale persa ad Istanbul ricordo la semifinale col Barcellona nel 2006: anche allora la squadra stava bene. Nel 2004 siamo usciti contro il Deportivo La Coruña: 4-1 all’andata a Milano, poi 4-0 al ritorno. Vincere non è mai facile e sono orgoglioso dei risultati che abbiamo ottenuto tutti insieme".

"Trova analogie tra lo spirito di quel Milan e quello della squadra quest’anno? "Oggi il Milan ha trovato equilibrio. Con l’arrivo di Zlatan Ibrahimović è cambiata la storia. Zlatan fa parte della vecchia guardia: ha vissuto uno spogliatoio di campioni, ha lavorato con giocatori che avevano filosofia e mentalità vincenti. Prima del suo arrivo il Milan non aveva tutto questo: Ibra lo ha riportato col suo modo di lavorare e ha fatto capire di nuovo a tutti l’importanza di indossare la maglia del club. Questo è il cambiamento principale rispetto ad un anno fa".

"E quale era la mentalità del suo Milan invece? "Nel nostro Milan c’era grande senso di responsabilità dentro e fuori dal campo. Tutti erano consapevoli del peso e dell’importanza di quella maglia. Chi non aveva quel senso di responsabilità finiva fuori dal gruppo. Molti giocatori pagati tanto non sono rimasti più di un anno perché non ne condividevano la mentalità. A noi bastava un’occhiata per capirci, uno sguardo per intuire che che cosa stessero provando i nostri compagni. Quel gruppo non era mai soddisfatto dopo la vittoria della domenica".

"Theo Hernández sta trascinando la squadra oggi: è un leader sia tecnico che emotivo? "Mi sembra un ragazzo in gamba e molto responsabile, che lavora al massimo e dà il 100 % per la squadra. Ha tutte le potenzialità per diventare il terzino sinistro più forte al mondo. Theo ha una forza fisica impressionante e una forza mentale pazzesca, spinge tanto a sinistra, è un punto di riferimento di questo Milan. Oggi è già uno dei migliori al mondo nel suo ruolo".

"Lei è stato il leader della fascia sinistra del Milan per tanti anni: le fa piacere che sia di nuovo un punto di forza della squadra? "Sono stato un calciatore, ma prima di tutto sono stato sempre il tifoso numero uno del Milan. Se la squadra va bene mi fa molto piacere. Poi c’è un mio grandissimo amico nello staff rossonero: Paolo Maldini. Ricordo con piacere anche tutti gli altri che sono rimasti, ad esempio il direttore Mauro Tavola".

"Anche Maldini ha riportato il senso di responsabilità al Milan? "Maldini ha ritrovato la sua importanza all’interno della società, il suo DNA è rossonero, Paolo conosce ogni spazio di Milanello. Avere in società un punto di riferimento così importante per la storia del club e del calcio mondiale è fondamentale. È un grande supporto per i giocatori che sono lì e per quelli che arrivano. Paolo è stato un ex calciatore e capisce quali sono i momenti positivi e negativi dei calciatori".

"Che tipo di rapporto c’è tra lei e l’Inter? "Da calciatore mi faceva sempre molto piacere affrontare l’Inter. È un derby, è la partita più importante per il Milan ogni stagione, è una rivalità molto sentita. L’idea di affrontare l’Inter era una benzina in più per me e per fortuna sono stato sempre protagonista nei derby. Per quando riguarda il mio rapporto coi nerazzurri oggi, non ho ancora avuto la possibilità di andare a casa dell’Inter però se un giorno accadrà non avrò nessun problema. Oggi sono un libero professionista".

"Gattuso al Napoli, Pirlo alla Juve: le fa piacere vederli ai vertici? "Sono felice che tanti ex giocatori del mio Milan abbiano trovato un ruolo dopo la carriera da giocatore. Quindici-sedici vecchi membri del nostro gruppo oggi fanno qualcosa nel calcio: alcuni allenano, altri fanno i direttori sportivi, qualcuno lavora come opinionista tv. Tanti di loro devono gestire un impegno importante".

"Cosa non è andato tra Lucas Paquetá e il Milan? "Paquetá è sbocciato molto giovane in Brasile. Il 4-3-3 che si fa in Sudamerica è completamente diverso da quello che si pratica in Italia e ha sofferto per questo motivo. L’ho seguito, sono andato a 'San Siro' prima che scoppiasse la pandemia. L’ho visto un po’ in difficoltà nel sistema difensivo. Trasferirsi in un’altra nazione non significa solo cambiare tipo di calcio, ma anche cultura: bisogna essere aperti per un nuovo stile di vita. Paquetá può aver fatto fatica in questo. Quando non stai bene anche le cose dentro al campo non girano".

"Ripensando alla sua carriera da calciatore, lei ha qualche rimpianto? "Mi sono impegnato tanto e ho dato il cento per cento in ogni momento per la mia Nazionale. Nel Brasile avevo nel mio stesso ruolo Roberto Carlos, un grande campione e non è stato facile trovare lo spazio che sognavo".

"Che cosa sogna di realizzare nel mondo del calcio oggi? "Fare il procuratore è una missione e sono felice di lavorare al fianco di Alessandro Lucci. Cerco di dare sempre il 100%. Per fortuna lavoro con una persona che ha la mia stessa mentalità: anche per Alessandro i risultati ottenuti sono sempre la conseguenza di un buon lavoro. Ci piace farlo col sorriso, come facevo già da giocatore. Mi piace ancora vivere le cose nella maniera più leggera possibile". CALCIOMERCATO MILAN, POSSIBILE SCAMBIO CON IL TORINO. LE NOVITÀ >>>

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