Alberto Paloschi, classe 1990 attaccante cresciuto nel Milan e passato anche per l'Atalanta, ha rilasciato un'intervista in esclusiva a 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Ecco, dunque, le sue dichiarazioni.


INTERVISTE
Paloschi: “Volevo essere l’erede di Inzaghi. Camarda, ti consiglio …”
Paloschi sul gol-vittoria in Milan-Siena 1-0 del 10 febbraio 2008 a 18'' dal suo ingresso in campo: "Il mio primo pensiero? L’emozione. Indescrivibile. Carlo Ancelotti aveva fatto già due cambi, ne restava uno solo, ci speravo ma non ci credevo. Mi avevano richiamato dal torneo di Viareggio perché Alberto Gilardino era squalificato e Alexandre Pato infortunato. Ancelotti mi manda in campo al posto di Serginho. Entro e non faccio nemmeno in tempo a sistemarmi la maglietta. Lancio di Clarence Seedorf e ... mamma mia 'San Siro'. La sera mi sdraio a letto, accendo la tv e tutti parlano di me. Dai, non può essere vero. E invece sì".
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Sul dispiacere per non aver confermato la previsione di Filippo Inzaghi, che lo vedeva come suo erede: "Pippo è Pippo, per qualunque attaccante che voglia segnare tanto è un punto di riferimento. Inzaghi è il mio ispiratore, più di un idolo. Mi sarebbe piaciuto essere il suo erede, certo, ma ho avuto la fortuna di fare la mia modesta carriera e sono contento. Quello spogliatoio era pieno di grandi campioni, io non ero a quel livello. Ma non c’è stato un giorno, nemmeno uno, in cui non abbia dato il massimo. Sono tornato a casa da ogni allenamento con la coscienza a posto".
Ex Milan, Paloschi: "Che emozione quel gol dopo 18 secondi ..."
—Sull'essere rimasto legato al Milan per tanti anni pur giocando altrove con altre maglie: "Un errore? Eh .... Non lo so. Sono dinamiche di mercato. Però ho fatto tante belle esperienze e ognuna mi ha fatto crescere. A Parma in Serie B il primo campionato intero con i grandi. Al Genoa sei mesi bellissimi e la prima doppietta in Serie A contro la Roma in una partita vinta con una clamorosa rimonta. Quanto spingeva Marassi".
Sul Paloschi migliore visto al Chievo: "Sì, perché ho avuto continuità di utilizzo, di rendimento e di gol. Il Chievo era una squadra ideale per un giovane: ambiente sano, gente competente, serietà, organizzazione. E mi piaceva la favola del club di quartiere che batte le grandi squadre. Mi è spiaciuto tanto per le disavventure di Luca Campedelli: sono molto affezionato a lui".
Su cosa non ha funzionato all'Atalanta: "L’unica stagione in cui non sono riuscito a segnare. Non ero soddisfatto. Gian Piero Gasperini è un grande tecnico, ti mette in condizione di affrontare l’avversario nel modo migliore. A me non è andata bene, ma sono cose che succedono. E un giocatore lo sa quando non è al top e un compagno è più in forma".
Sul perché è andato al Siena in Serie C: "Dopo le esperienze a Cagliari e Spal, ero senza contratto. E non mi arrivò nessuna offerta da A e B. Non so perché, evidentemente non mi ritenevano all’altezza. Il Siena era stato ripescato in Serie C, voleva costruire qualcosa di importante e mi chiamò: accettai con entusiasmo. Quando prendo un impegno, io do il massimo".
Sulle sue esperienze in Serie D, Desenzano prima e Pro Palazzolo poi: "Volevo riavvicinarmi a casa e magari trovare un club ambizioso. La Pro Palazzolo punta ad andare in C. Fino a quando il fisico me lo consentirà, continuerò a giocare. Quando smetterò, mi mancherà la domenica, l’adrenalina della partita, l’atmosfera, le emozioni. Poi vedrò. Penso che resterò nel calcio, ma non so in quale ruolo".
Su quanto l'hanno condizionata gli infortuni: "Non lo so, quelli sono ostacoli che capitano nel percorso di tutti. Li ho sempre affrontati di petto, con la voglia di tornare più forte. Devi anche trovare le persone che possano aiutarti. Come Giorgio Gasparini, il mio fisioterapista dai tempi del Milan: un fenomeno, me lo fece conoscere Inzaghi".
"Sono un uomo fortunato. Ho fatto il mio percorso e in futuro ..."
—Sul gol che ha lo stesso sapore, a 'San Siro' o al Comunale di Palazzolo: "Il gol è il gol. Lavori tutta la settimana per quella gioia. Qualcuno l’ho fatto, sono contento. Sono andato in doppia cifra in tutte le categorie, un orgoglio. Una presenza in Nazionale mi manca più di una presenza in Champions, ma erano troppo forti gli attaccanti italiani di quei tempi".
Sul consiglio che darebbe a Francesco Camarda: "Gli direi di vivere tutto con leggerezza e vedere il calcio come un gioco; lavorare sodo e ricordare sempre che i sogni si possono realizzare".
Su che uomo oggi è Paloschi: "Un uomo fortunato. Ho fatto il mio percorso e magari in futuro potrò dare qualche buon consiglio per vivere il viaggio nel calcio nel modo giusto. Adesso alcuni miei compagni al mattino vanno a scuola o al lavoro. E non giocano per i soldi, ma perché il pallone ti riempie il cuore. Nella vita, a restarti dentro, sono le emozioni. E quando ripenso a quelle che ho vissuto io, mi vengono i brividi. È stato bellissimo".
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