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Milan, Zaccheroni: “Scudetto del 1999? Vi racconto qualche retroscena”

Alberto Zaccheroni (credits: GETTY Images)

Alberto Zaccheroni, ex allenatore del Milan, è intervenuto in diretta Instagram insieme a Carlo Pellegatti. Ecco alcuni racconti del suo passato rossonero

Renato Panno

ULTIME NEWS MILAN - Alberto Zaccheroni, ex allenatore del Milan, è intervenuto in diretta Instagram insieme a Carlo Pellegatti. Ecco alcuni racconti del suo passato rossonero, in particolare sullo Scudetto vinto nel 1999:

Su Milan-Parma e il gol di Ganz: "Ero talmente teso per questa rincorsa, abbiamo vissuto i minuti di quelle sette partite in maniera straordinaria. Maurizio aveva questa grande capacità di arrivarci sempre un attimo prima degli altri. Ha giocato sia da attaccante esterno che da centravanti, ma i gol erano una costante, vedeva la porte come pochi. Le sue ragazze ora sono fortunate di avere un allenatore che vede la porta come la vede lui".

Su Milan-Sampdoria: "Onestamente ho rimosso tutto, mi è rimasto in mente solo il gol di Ganz, è stata giocata in maniera disperata, è stata una guerra. La Sampdoria ha dato l'anima, erano molto determinati, non era una squadra spenta condizionata dalla posizione in classifica. E' stato un grande merito nostro, siamo stati sul pezzo fino a tempo scaduto".

Su Juventus-Milan: "La squadra ha preso il gioco in mano per tutti i novanta minuti. In quel momento la testa faceva la differenza, i nostri giocatori di qualità sono saliti in cattedra. Hanno lanciato un chiaro messaggio, voler vincere e non ce n'è per nessuno".

Su Milan-Empoli e Fiorentina-Lazio: "Ero come tutti carico, determinato, concentrato solamente sul nostro risultato. La Lazio una squadra così forte non l'ha mai avuta secondo me, hanno commesso un errore importante, me ne resi conto all'epoca. Dopo aver pareggiato con noi loro si sono guardati dietro e hanno visto che non c'erano squadre che potevano dargli fastidio. Non ci hanno preso in considerazione, dissi a qualche mio collaboratore che mi sembrava una squadra di canottaggio che ad un certo punto si gira dietro e guarda le lunghezze sui secondi, nel momento in cui vede la seconda si avvicini non riesce più a riprendere la velocità di prima. E' un paragone che ci sta, noi eravamo troppo lanciati".

Su Abbiati: "Era molto giovane, non aveva esperienza. Adriano Galliani è venuto da me, mi chiese se avevo bisogno del terzo portiere. Noi avevamo Lehmann e Rossi. Io gli dissi che mi serviva un terzo portiere. Lui mi rispose che il Monza aveva Abbiati e non lo utilizzavano. Io non lo conoscevo, non stava giocando nel Monza. Christian arrivò, in allenamento non potendolo schierare in porta lo schieravo centravanti. Gli dicevo che se non avrebbe sfondato come portiere avrebbe potuto giocare come attaccante in Serie C. Lui si è fatto trovare pronto nel momento giusto. Non lo puoi paragonare ad altri grandi portieri perché ha un modo suo di interpretare il ruolo, gioca coi piedi fuori dalla linea, anticipa gli avversari. Lui a noi ha dato veramente tanto".

Su Maldini, Costacurta e Albertini: "Di chi è stato quello scudetto? Mi viene sempre a pensare a Maldini, Costacurta e Albertini. Io arrivavo dall'Udinese, non sono stato un calciatore professionista. Sono arrivato al Milan dopo Sacchi e Capello. Andai da loro tre, c'era qualche dubbio in società soprattutto su Costacurta, qualcuno pensava fosse a fine carriera. Gli dissi che se avessimo giocato in un certo modo avremmo potuto nascondere dei limiti. Loro tre mi dissero: mancano sei settimane all'inizio del campionato, lei ci dimostri che possiamo avere dei vantaggi a giocare in questo modo e noi le verremo dietro. Questa è stata la chiave della stagione. Questi tre arrivavano sempre per primi ed andavano via per ultimi. Questo ha trainato tutto il resto del gruppo, è stata la pietra più importante di quella stagione".

Sull'addio di Weah: "La fine della carriera arriva per tutti, con George ho sempre avuto un ottimo rapporto ma quando ha deciso di andare via non aveva più benzina. E' andato al Chelsea a gennaio perché io gli preferivo José Mari. Non perché fosse migliore di George, ma perché secondo me Weah aveva terminato la benzina. E' andato al Chelsea e non è stato confermato, poi è andato al City che all'epoca era una squadra medio-bassa, poi è stato ceduto al Marsiglia, si sono salvati all'ultima giornata e poi è andato negli Emirati Arabi. Non avrei mai dato via un giocatore della qualità di Weah, non mi sarei mai permesso, è lui che ha optato per andare via. Mi piacerebbe rivederlo per spiegargliela ancora meglio, perché è un ragazzo straordinario, dotato di una generosità che non tutti hanno".

Su Shevchenko: "Era già nell'orizzonte del Milan, l'idea di prenderlo c'era da tempo. Era un'idea di Fabio Capello dell'anno precedente. Lo hanno fatto seguire. Ad un certo punto mi ha chiamato Berlusconi, a Wembley c'era Dinamo Kiev-Arsenal, mi disse di andare a vederlo e poi scrivere sulla relazione se fosse da prendere o meno. Mi mise a disposizione un aero personale, andai col mio assistente Agresti. In aereo compilai la relazione e scrissi: "Assolutamente da prendere". Lì giocava sulla fascia e copriva tutto il campo, in quella gara non ha mostrato le sue qualità da bomber ma era un giocatore che aveva una corsa ed una disinvoltura straordinaria. Giocava per la squadra".

Sulla voglia di Sheva: "Diedi il giorno libero di Ferragosto, lui disse di volersi allenare e che era abituato ad allenarsi con Lobanovsky. Siccome dissi che era deciso, avvertì i magazzinieri di non dargli l'attrezzatura perché si sarebbe sicuramente presentato. Quando mi svegliai a Milanello, vidi Shevchenko vestito in borghese che faceva le ripetute correndo. Per dire com'era questo giocatore, straordinario".

Sul ruolo da allenatore: "Mi ci sono trovato a fare l'allenatore, avrei voluto giocare. Mi hanno messo da giovanissimo su una panchina e poi lì è partita l'avventura. Ho avuto la capacità di catturare i giocatori. I giocatori vogliono sapere come si vince, il messaggio deve essere questo. Loro vogliono vedere la dimostrazione che possono avere dei vantaggi dall'allenatore, si sentono nelle sue mani e lo seguono se vedono che può contribuire fortemente nella loro carriera. Questo è l'aspetto principale".

Sul rapporto con i presidenti: "Sono andato molto più d'accordo con i miei giocatori che con i miei presidenti. Non chiedevo nessun giocatore ai presidenti ma sugli allenamenti, sulla scelta della formazione, sulla gestione totale dei giocatori le porte sono sempre state chiuse. Quando si è interrotto il rapporto con un presidente era per questo motivo. Ho sempre dato del lei a tutti, anche ai magazzinieri. Rispetto dei ruoli, non mi sono mai sentito il capo del magazzino, il calcio si fa e si vince giocando di squadra. Con Adriano Galliani ho avuto un rapporto quotidiano, Berlusconi era fortemente impegnato in politica, il mio interlocutore era Adriano e con lui ho avuto un rapporto straordinario. Ho avuto più rapporto con i giocatori che avevano voglia di stupire, in crescita, più rispetto ai giocatori a fine carriera. Ho sempre pensato fosse giusto mettere al centro del progetto il calciatore".

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