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Milan, Shevchenko: “Il rigore di Manchester, Berlusconi e non solo. Vi racconto”

Andrij Shevchenko, ex attaccante del Milan, ora commissario tecnico dell'Ucraina | (credits: Getty images)

Andriy Shevchenko, ex attaccante del Milan, si è raccontato ai microfoni di 'Tutti Convocati'. Queste le dichiarazioni del ct dell'Ucraina

Renato Panno

Andriy Shevchenko, ex attaccante del Milan, si è raccontato ai microfoni di 'Tutti Convocati'. Queste le dichiarazioni del ct dell'Ucraina: "Il Milan quest’anno ha l’obiettivo di arrivare in Champions, ha fatto una buona partita sabato. Ora arriva il finale di stagione con partite difficili ma bisogna essere positivi e crederci".

Come sono ripartito da bambino dopo Chernobyl? "Se il mio allenatore non fosse venuto a trovare i miei genitori non sarei mai tornato a giocare a calcio. E’ importante avere stimoli, ma anche avere persone giuste vicino, persone che ti aiutano. Il mio primo allenatore Shpakov è stato una guida per me. Tornare a giocare dopo il disastro di Chernobyl è stato tornare alla vita".

Su Lobanovskij: "E’ il primo allenatore che è riuscito a mettere insieme calcio e scienza, gli studi che ha fatto sul lavoro fisico, basati sul lavoro cardiaco. Qualcosa di nuovo che nessuno aveva mai visto, un visionario, un Arrigo Sacchi. Lui ha costruito 3 generazioni, la nostra è quella meno sperimentata, perché aveva sperimentato già prima, per noi è stato più facile seguirlo. E' stato importante per me, a 19 anni non ero sicuro di cosa volessi, mi ha messo sulla strada giusta. Con Lobanovskij la nostra vita era difficile, lo chiamavano Colonnello perché la disciplina era forte, eravamo sempre in ritiro, al mese forse avevamo due giorni liberi, il resto viaggi e allenamenti. Qualche sfogo però da giovane riesci a trovarlo. Lobanovskij ha creduto in noi giovani della Dynamo, ha fatto una buonissima squadra e la gente impazziva. Era fantastico essere una star del calcio quando ero un giovane calciatore in Ucraina.

Sul Milan: "A Milano non sono venuto per far festa, avevo idee chiare su ciò che mi aspettava. L’impressione quando sono arrivato? Grande squadra, aspettative, tifosi fantastici, San Siro è la Scala del calcio, giocare con la maglia del Milan era il massimo. Avevo un metodo diverso appena arrivato al Milan, lavoravo a parte perché avevo bisogno di mantenere un livello per il mio corpo per reggere di più, poi mi sono adattato e ho capito su cosa dovevo lavorare di più. La tattica per me era qualcosa di nuovo".

Su Berlusconi e Abramovic: "Da Berlusconi e Abramovic ho imparato molto, sono persone diverse. Berlusconi è stato importante, ha creduto in me. Quando l’ho conosciuto è stato gentile, elegante, faceva battute, poi la famosa scommessa che con 25 gol mi avrebbe regalato una vacanza in barca. Berlusconi mi ha aiutato quando papà stava male, era impegnato, ma se avevo bisogno lui c’era. Abramovic è riservato. Entrambi amano il calcio, non sono attaccati ai soldi perché il calcio ha bisogno di investimenti e se vuoi vincere devi investire tanto".

Mia idea sulla Superlega? "Una formula che distrugge il calcio. Io giocando nella Dynamo in Champions, sono riuscito ad arrivare in un club come il Milan, con un modello chiuso ad alcune squadre, altre non sopravviverebbero. Un sistema così non funziona nel calcio".

Su Galliani: "Ho incontrato poco fa Galliani, un amico importante. Quando è venuto a vedermi in Champions con la Dynamo si è preso tanto freddo, ho giocato male, eppure ha creduto in me. Ero preoccupato quando era in ospedale col covid, ora l’ho visto bene, importa la sua salute".

Quel rigore della finale di Manchester? "Quando l’arbitro ha fischiato non ho sentito il fischio, ma ero molto concentrato, deciso. C’è sempre una possibilità di sbagliare, ma era la nostra giornata, la nostra finale".

Sulle semifinali di Champions contro l''Inter: "I giorni prima delle semifinali con l’Inter si sentiva che la gente viveva in modo diverso, come se stesse arrivando qualcosa di grande. Vorrei rivivere quei momenti, sono belli nel calcio...".

Perché ho rifiutato la prima chiamata da ct in Nazionale Ucraina? "Non mi sentivo pronto, non avevo studiato, né fatto esperienza. Anche quando ho accettato avevo solo lavorato come assistente, ma avevo studiato, avevo un’idea della squadra, di cosa aveva bisogno. Ho fatto scelta giusta di chiamare con me Tassotti e Maldera, mi piace il mio lavoro, mi piace molto allenare. Primi 2 anni da ct difficili, non ci siamo qualificati al Mondiale, ma il presidente federale e il pubblico hanno creduto nel nostro progetto, stiamo rispettando quello che abbiamo promesso alla gente, il risultato è arrivato attraverso il gioco".

Su Pirlo: "I risultati non arrivano subito, per questo dico che chi crede in Pirlo deve dargli possibilità di continuare il suo lavoro. Conosco Andrea, so come pensa, come lavora e per me ha un gran futuro davanti".

Sul futuro: "Mi piacerebbe molto allenare in Italia. Quando la mia avventura con l'Ucraina finirà, voglio allenare un club, ora sono concentrato sulla Nazionale, tra poco inizia la preparazione agli Europei, poi mi guarderò intorno...".

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