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INTERVISTE

Donadoni: “Milan, Pulisic mi somiglia. Potevo arrivare dopo Giampaolo”

Intervista Donadoni AC Milan
Roberto Donadoni, ex giocatore del Milan ed oggi allenatore, ha parlato a 'La Gazzetta dello Sport'. Ecco le sue dichiarazioni integrali
Daniele Triolo Redattore 

Roberto Donadoni, ex giocatore del Milan e oggi allenatore, ha parlato in esclusiva a 'La Gazzetta dello Sport' oggi in edicola. Ecco le sue dichiarazioni più interessanti.

Milan, Donadoni tra passato e presente alla 'rosea'

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Donadoni sul suo arrivo al Milan nel 1986, primo colpo di Silvio Berlusconi: «Bortolotti, presidente dell’Atalanta, aveva deciso di vendermi alla Juve ma io, supportato dal direttore sportivo Previtali, spinsi per il Milan. Tifavo per loro ...».


Sulla partita più bella del suo Milan: «La finale di Coppa Campioni ’89 contro la Steaua. Abbiamo giocato partite migliori e battuto avversari più forti, ma quello è lo spartiacque che ci ha proiettato in un’altra dimensione: li facemmo sembrare mediocri. E non lo erano».

Nel 2-0 al Malines del 1990, fu espulso ma fu il migliore: «Mi riusciva tutto, sì, anche se il risultato si sbloccò dopo la mia espulsione… Fu una delle mie prestazioni migliori. Ne ricordo un’altra, in Nazionale. Italia-Ungheria, arrivavo da mesi di pubalgia, la mattina della partita mi svegliai col solito dolore. Misi piede in campo e il fastidio sparì. Segnai due gol e procurai un rigore, gara chiusa dopo 45’. Mi sentivo un marziano. Nella ripresa il dolore tornò»..

Sui presunti litigi con Arrigo Sacchi: «Arrigo era molto esigente, si sa, aveva questa tendenza a pilotarti in partita. E se giocavi sulla fascia vicina alla panchina… Una volta mi martellò senza sosta durante un’amichevole. Gli dissi: “Mister, almeno oggi mi puoi lasciare tranquillo…?”.

Su quando ha capito che avrebbe allenato a fine carriera: «Avevo smesso di giocare e mia moglie mi suggerì di fare il corso a Coverciano. Non ho mai capito se lo ha fatto per me o per sé stessa: forse si era stufata di avermi sempre tra i piedi …».

Donadoni sul ritornare al Milan da allenatore: «Ci andai vicino nel 2019, dopo l’esonero di Giampaolo. Mi chiamò Boban ma io ero allo Shenzhen, non me la sentii di lasciare in corsa. Sono una persona di parola. Nel ’96 ero in scadenza col Milan: mi proponevano un anno, io ne chiedevo due e mi accordai con i New York Metrostars. Feci un buon Europeo e Galliani mi chiamò: “Ti offriamo altri due anni”. Andai negli Usa. Nel 2017 Tavecchio mi chiamò per il dopo Ventura. Ero in ufficio con Fenucci e Bigon, lo misi in vivavoce: “Presidente, la ringrazio ma ho un impegno col Bologna e voglio onorarlo”.

Donadoni: "Il derby con l'Inter durerà tutto l'anno"

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Sul compagno più forte e sull'avversario più fastidioso: «Van Basten il top. Di botte ne ho prese tante... Beppe Baresi, Conte, Vierchowod. E Bruscolotti: mi diceva “se superi la linea di centrocampo ti spacco una gamba”.

Sui Presidenti a cui è più legato: «Berlusconi, esempio professionale e umano. E Spinelli: a Livorno ci fu qualche incomprensione, tutto appianato negli anni. Ogni tanto mi chiama: “Io non capisco, come fa uno bravo come lei a essere senza squadra?”.

Sul derby del suo cuore: «Il secondo che giocai. Berlusconi aveva preso Galderisi ma Liedholm gli preferiva Virdis e Hateley. Galderisi, che voleva giocare a tutti i costi, per capire che aria tirava senza passare da Liedholm interpellò il mago Maggi, al quale il mister era legatissimo. Alla fine giocarono tutti e tre e vincemmo 2-1».

Donadoni sul derby Inter-Milan di sabato 16 settembre: «Non so come finirà, ma so che durerà tutto l’anno: Milan e Inter sono strutturate per scudetto e Champions. I nerazzurri hanno più consapevolezza, il Milan ha l’intraprendenza dei nuovi, che mi piacciono tutti, Reijnders, Loftus-Cheek ...».

Donadoni su Christian Pulisic, nuovo acquisto del Milan: «È determinante, gioca ovunque, eccelle nell’uno contro uno, ti punta e ti salta. E segna dei gran gol, come a Bologna. Un po’ alla Donadoni, sì».

Sulla sua esperienza nel 1999 con l'Al-Ittihad e il calcio arabo di oggi: «Fa effetto. Io ho ricordi bellissimi, fu un’esperienza totale di cultura e vita. L’Arabia oggi spinge per crescere in fretta, ma per dare continuità occorre partire dalle basi. Non dalla punta della piramide».

Sulla scelta di Roberto Mancini di andare ad allenare l'Arabia Saudita: «Dei tempi e dei modi si può discutere. Ma penso che di fronte a certe cifre dire di no sarebbe difficile per tutti, anche per chi oggi lo critica». Milan, un nuovo acquisto vorrebbe già andare via >>>

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