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PM – Dalle peñas al ‘Villamarín’: nel cuore dell’orgoglio del Betis

Un particolare della peña bética 'Puerta de la Carne'

Vi portiamo alla scoperta del mondo del Betis Siviglia e della rivalità con i cugini biancorossi. Dallo stadio Villamarin alle peñas, i locali verdiblancos

Luca Fazzini

dal nostro inviato a Siviglia, Luca Fazzini

Spesso, si dice, la carta di identità permette di identificare un soggetto, ma nel caso del Betis Siviglia la sola lettura del nome non esaurisce il processo di conoscenza del club spagnolo. La dicitura completa, infatti, recita ‘Real Betis Balompié’: se il primo termine non necessita traduzioni, il secondo aiuta ad inquadrare la realtà biancoverde. Betis, infatti, è la traduzione latina del Rio Guadalquivir, il fiume che attraversa Siviglia. Balompié, invece, è letteralmente ‘palla piede’. Il calcio, insomma, (inevitabile) base e punto di partenza del nostro racconto.

L’anima bética, però, non si ferma solo al nome e ai 90 minuti sul prato verde. Tifare Betis è un vero e proprio stile di vita, orgoglio totale dei tantissimi aficionados che popolano la capitale andalusa. ‘Betis, claro’ è la risposta di un tassista quando chiediamo se sia tifoso sevillista o bético, quasi sorpreso dal quesito. Guai a mischiare cuori e colori della Siviglia calcistica, divisa in uno dei derby più caldi d’Europa. ‘Lo vivimos demasiado’, ‘lo viviamo troppo’ ammette Fernando, il tassista. Una frase che al meglio inquadra la rivalità calcistica che si vive tra le calles della città. Due mondi paralleli, animati dal cuore pulsante dei tifosi e divisi in maniera netta. Come le strade, dove la distinzione tra marciapiede pedonale e pista ciclabile è ben definita. Guai a camminare nello spazio riservato alle due ruote. Occhiataccia dei ciclisti assicurata, molto simile a quella dei tifosi biancoverdi se identificati come sevillisti (e viceversa).

‘Todo por el Betis’ è un motto che in città risuona dal lontano 1907, quando alcuni studenti crearono la seconda squadra della città, dopo il Siviglia. Un nomignolo, quello di seconda formazione, che emerge ancora oggi nelle chiacchiere calcistiche spagnole ed europee. Se il palmarès premia i biancorossi, il Real Betis primeggia in quanto a fedeltà della sua gente. “È la città europea con più peñas – continua il tassista – e conta cinquanta mila soci”. Già, le peñas. Luoghi unici, veri e propri punti di ritrovo e roccheforti calcistiche dove i tifosi si ritrovano. Specchio unico della tradizione, tra un bicchiere di pinto de verano, qualche tapas e la partita del Betis. Come nella peña ‘Puerta de la Carne’, tra le più antiche di Siviglia, fondata nel lontano 1927. Gagliardetti, maglie, cimeli e quadri: tutto si colora di biancoverde, rimanda alla storia bética e favorisce un clima quasi sacro.

Fernando, intanto, nel tragitto che porta al ‘Benito Villamarín’, snocciola numeri e dati con l’orgoglio di chi, nonostante le difficoltà in campo (gli uomini di Setién sono quattordicesimi in campionato), non abbandona mai i colori verdiblancos. ‘Viva el Betis manque pierda’ (‘viva il Betis anche se perde’) è il grido di battaglia che accompagna i tifosi dagli anni Cinquanta, quando la squadra retrocedette in terza divisione, ma la fedeltà dei suoi aficionados rimase la stessa, creando un’anima carica di orgoglio e identità. Un’anima che si manifesta nella casa biancoverde, binomio dominante sulle tribune del ‘Villamarín’¸dove campeggia il disegno di un bético che esulta. ‘Non è nessun giocatore in particolare’ hanno spiegato i progettisti dello stadio. ‘Può rappresentare ognuno di noi, nel momento in cui gioisce dopo un gol’. Uno per tutti, tutti per uno. È il cuore bético, specchio di ideologie e passoni che – nell’unione del calcio – rendono il Betis un patrimonio della vivace e colorata Siviglia.

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