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BARESI: “Van Basten e Maldini i più forti di tutti. Capello? Più libertà di Sacchi”

Franco Baresi, ex difensore del Milan (credits: GETTY Images)

Franco Baresi ha rilasciato una lunga intervista alla Stampa

Gianluca Raspatelli

Franco Baresi, leggenda rossonera, ha rilasciato una lunga intervista alla Stampa in occasione del 30esimo anniversario dell'era Berlusconi al Milan.

Se ci sia un Milan pre e post Berlusconi: "Certamente sì. Ma è un discorso che va oltre il Milan. Ha cambiato tutto, anticipato il futuro. Penso all’organizzazione della società, agli allenamenti, alla dieta, alla comunicazione".

"Come ricorda gli anni del cambiamento: "Speravamo che la cosa andasse in porto. Era un momento pericoloso, se non tragico, per il Milan, sull’orlo del fallimento con Farina".

Quando conobbe Berlusconi: "Venne a Milanello, si mostrò subito un personaggio incredibile. Disse che voleva vedere il Milan vincere e divertire. Ripeteva di non accontentarsi mai".

La cosa più bella che gli abbia detto: "La tengo per me. Ma per il sottoscritto ha sempre avuto un occhio di riguardo, forse perché avevo vissuto gli anni difficili".

Se nello spogliatoio Berlusconi voleva intervenire come adesso: "Ma no... (ride). Ha sempre parlato con tutti, è un gran motivatore. E ha dimostrato di essere competente, sapeva trasmettere quello che desiderava di più: emozionare la gente. Capimmo presto che ci era riuscito".

Quando lo capirono: "Il 15 maggio 1988, primo scudetto. Due ore dopo l’1-1 di Como, 80 mila tifosi ad aspettarci a San Siro. Una festa che non dimenticherò mai. Era la dimostrazione che ce l’avevamo fatta. Più della vittoria, contava il modo. Il gioco".

Sono stati l'unica squadra a riuscire nel bis in Europa: "Ci metto anche le due Intercontinentali: rende l’idea della grandezza di quel gruppo".

Meglio il Milan post Sacchi o il Barcellona post Guardiola: "Sarebbe una bella sfida. Messi, Suarez e Neymar da una parte; i tre olandesi, più bravissimi italiani, dall’altra. Forse le squadre migliori degli ultimi trent’anni. Non so come finirebbe...".

Il compagno più forte: "Van Basten. Straordinario, oggi starebbe tra Messi e Ronaldo. E Maldini: Paolo ha raccolto il mio testimone".

Perchè Maldini è rimasto fuori dal Milan: "Sa che ha la stima da parte di tutti, ma nel merito non mi esprimo perché non conosco le situazioni".

Sull'arrivo di Sacchi: "Eravamo curiosi, non era né famoso né conosciuto. Arrivava dalla B. L’intensità e l’attenzione da lui pretese ci portarono in cima al mondo".

Sulla fine dell'era Sacchi: "Non finì male. Un ciclo si era esaurito soprattutto sul piano mentale e lui ripartì dalla Nazionale".

Differenza con Capello: "Era solo una gestione diversa. Con un pizzico di libertà in più".

Il momento più bello: "La prima Coppa Campioni, trofeo atteso da 20 anni. Il Camp Nou rossonero, il 4-0 alla Steaua".

Il rimpianto più grande: "Mi ha fatto male più la finale persa con il Marsiglia nel ’93 che quella con l’Ajax nel ’95".

Su Marsiglia: "Forse c’era troppa pressione, sembrava si potesse ripetere la partita. Si poteva gestire meglio quella situazione, però Galliani resta un manager incredibile dal feeling unico con Berlusconi, capace di tradurre in realtà ciò che gli veniva chiesto".

Su Arcore: "Qualche volta si andava a cena, era anche un modo per fare gruppo. Ricordo Pier Silvio diciottenne e Luigino bambino che girava per casa".

Sull'ingresso in politica di Berlusconi: "No, essere la squadra del premier semmai ci responsabilizzava ancora di più. Sentivamo di rappresentare l’Italia, come ad Atene, il 4-0 al Barcellona".

Sul ritorno del Milan in Champions: "Lui ci tiene molto, ha detto di voler tornare in alto. Serve pazienza, anche altri grandi club - dallo stesso Barcellona alla Juve - hanno avuto periodi meno vincenti".

Thohir e Mr. Bee a Milano: "È il segno dei tempi, competere ai massimi livelli è sempre più complicato".

Infine su Balotelli: "È un capitale che va gestito. Può ancora dare tantissimo, a patto di tirarne fuori il meglio".

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