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AMARCORD – Claudio Borghi, il grande rimpianto di Silvio Berlusconi

Claudio Borghi (credits: Wikipedia)

La curiosa storia di Claudio Borghi, profeta mancato del calcio anni '80 e pupillo di Silvio Berlusconi ai tempi del Milan. In perfetto stile Amarcord

Redazione

‘Indio dai piedi fatati e dal sorriso triste’, ‘Picasso del calcio’, ‘cocco di Berlusconi’, addirittura ‘erede di Maradona’... Molti epiteti hanno costellato la storia calcistica di Claudio Daniel Borghi, centrocampista e fantasista argentino dal talento sopraffino, classe 1964, ricordato dagli appassionati del pallone italiani soprattutto per una fugace militanza nel Milan, nella stagione 1987­’88.

Negli ultimi anni la sua attività di allenatore lo ha portato ad ottenere importanti riconoscimenti, tra cui quello di allenatore sudamericano dell’anno, nel 2006, quando alla guida dei cileni del Colo Colo, si guadagnò anche l’ennesimo appellativo di ‘Sacchi del Sudamerica’; coincidenza, questa, piuttosto ironica, considerando che fu proprio il ‘profeta di Fusignano’ a mettere i bastoni tra le ruote a Borghi quando si trovava a Milano, a causa di un rapporto conflittuale scaturito anche dalla provocatoria domanda che una volta il giocatore rivolse al tecnico: ‘perchè farci correre per 5 chilometri quando il campo di calcio è lungo 100 metri’?

L’avventura ebbe inizio quando Silvio Berlusconi mise gli occhi sul sudamericano dopo l’incredibile prestazione in occasione della coppa intercontinentale del 1985, vinta dalla Juve ai rigori contro gli Argentinos Juniors, riuscendo infine a portarlo al Milan due anni dopo, per una somma pari a 3,5 miliardi di lire; la presenza di Gullit e Van Basten in formazione ­ all’epoca erano ammessi solo due giocatori stranieri nella rosa ­ impedì a Borghi di disputare partite ufficiali, e come soluzione di ripiego alla fine venne dirottato al Como, dove peraltro dissapori con gli allenatori Burgnich e Agroppi gli impedirono, ugualmente, di esprimersi al meglio. Si narra però che il presidente rossonero fosse in costante contatto telefonico con lui, nella speranza di riportarlo al Milan appena la normativa fosse cambiata, aprendo alla presenza del terzo straniero.

Quando però ciò avvenne, Sacchi si impuntò, e alla fine venne scelto Rijkaard. Borghi iniziò allora una peregrinazione per vari club, tra cui Neuchatel, River Plate, Flamengo, fino a chiudere la carriera da giocatore nei Santiago Wanderers, nel 1999, a causa di problemi al ginocchio; personaggio fuori dalle righe, amante delle buone letture, con un’infanzia difficile alle spalle e un forte sentimento religioso ­era mormone­, la sua vita privata era distante anni luce dai vizi e stravizi dei suoi colleghi di serie A quali feste e auto di lusso, avendo addirittura dichiarato di non aver mai praticato sesso prematrimoniale.

Tra rimpianti e nostalgia, il legame affettivo con il Milan è rimasto comunque forte, al punto da spingere Borghi, ad esempio, a chiamare il suo secondogenito Filippo, in onore del portiere Galli, con il quale aveva costruito una buona amicizia

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