Nel calcio non esiste la gratitudine. Hanno tutti la memoria corta, da pesce rosso. O da Commodore 64 per gli amanti dell'informatica vintage. Che si tratti di un dirigente, calciatore o tifoso, sappiate che per lui esisterà solo il presente. Il passato prossimo è sepolto nel greto del fiume del tempo reale. Il passato remoto invece è solo una chimera. Insomma, capita così anche in amore. Dove c'è sentimento c'è instabilità e un pizzico di Alzheimer. Una moglie rinfaccerà al marito l'ultimo regalo brutto di San Valentino, ma dimenticherà quello di due anni fa: un diamante tempestato d'oro da millemila carati. Se il quotidiano scorre così, per quale motivo il rettangolo di gioco dovrebbe essere diverso? Appunto. Prendete Bierhoff.
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AMARCORD – Bierhoff, la Scarpetta e quell’esultanza infelice
Amarcord di oggi ci porta con la memoria al lontano 1998/99, stagione conclusasi con la trionfale conquista dello scudetto da parte della truppa di Alberto Zaccheroni. Protagonista di giornata, Oliver Bierhoff
Arrivò in Italia a 20 anni. Giocò nell'Ascoli una stagione in A, il tempo di retrocedere ed essere etichettato come bidone. Dopo 4 anni trascorsi in serie B, l'Udinese lo acquista e lo (ri)lancia nella massima serie. Fra le tante scommesse vinte da Pozzo, il tedesco resta la più bella, la più dolce. Perchè quel lungagnone teutonico conquista l'affetto dei tifosi segnando a ripetizione: 57 in tre campionati. Oliver è pronto al grande salto. C'è il Milan del suo maestro Zaccheroni. No, quel treno passa una volta sola nella vita. E va preso al volo come Fantozzi con il tram che lo porta a lavoro. L'avvio di campionato è promettente: 4 gol (due su rigori) in altrettante partite. Poi si spegne la luce. Il Milan stenta, la vetta si allontana, Zac è sulla graticola e come se non bastasse Bierhoff resta a digiuno per sei partite. Un tempo infinito per un attaccante. Figuriamoci per il capocannoniere dell'ultimo campionato. Inevitabilmente piovono le prime critiche. Qualcuno azzarda addirittura un paragone con Kluivert.
Insomma il tedesco deve sbloccarsi già dalla prossima partita. Il destino mette lui, Zac e Helveg di fronte al loro passato prossimo: l'Udinese. Nonostante l'incrocio romantico, i rossoneri non fanno sconti. Devono riscattare il 4-0 del Tardini e non possono permettersi un altro passo falso. Zaccheroni ordina più rifornimenti per Bierhoff che sfiora subito il gol in apertura. Poi dopo un miracolo di Seba Rossi su Poggi, inizia il monologo milanista. Al 30' Weah s'invola sulla fascia e supera con un pallonetto morbido Turci. Bierhoff invece continua a stentare. Si fa notare solo nei panni dell'improvvisato maggiordomo di Weah, intento a togliersi lo scarpino dopo la rete del vantaggio. Ma la calzatura sembra incollata al piedino fatato del liberiano. E qualcuno sghignazza in tribuna:” Ma se non è in grado di togliere una scarpa, come possiamo sperare che segni?”. Fortunatamente dopo 10' ci pensa Leonardo a placare le ironie : il brasiliano inventa il gol della domenica con una botta violenta dai 20 metri. La partita è in ghiacciaia. Adesso manca solo il gol di Bierhoff. E invece la palla non vuol saperne di entrare.
Solo dopo un'ora di gioco, l'ex Udinese rompe l'incantesimo. Il merito è soprattutto di Leonardo che con un tocco delizioso manda in porta il tedesco. Bierhoff corre a festeggiare. E la sua esultanza così plateale sa tanto di liberazione. Come a dire: spazziamo via i mugugni e certi paragoni infelici. Tuttavia, qualcuno nel settore ospite non gradisce. E imputa al milanista di aver profanato una legge sacra e un tantinello ipocrita: non si esulta contro la ex squadra. La partita termina 3-0, ma l'episodio non si chiude lì. Avrà un seguito sulle colonne dei quotidiani nei giorni successivi. Lo stesso Bierhoff motiverà le sue ragioni. Orgoglio a parte, non c'era bisogno. Bastava un po' di buonsenso per capire che quella è la gioia di chi sa di aver ripreso un treno che stava scappando via. Un treno che lo avrebbe portato sulla vetta d'Italia a maggio.
Mariano Messinese
@MarianoWeltgeis
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