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Seedorf: “Per me era normale vincere le Champions League” | LIVE News

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Seedorf, ex del Milan come giocatore e allenatore, racconta degli aneddoti al Festival dello Sport di Trento: tutto LIVE.

Stefano Bressi

Vecchie glorie del Milan, più da giocatore che da allenatore, Clarence Seedorf, ha parlato al Festival dello Sport di Trento, organizzato da 'La Gazzetta dello Sport'. Ecco le sue dichiarazioni e una raccolta di aneddoti sugli anni rossoneri, in cui ha vinto tutto ciò che si poteva vincere più e più volte. Ecco le sue parole!

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- 24 set

Termina qui l'appuntamento con Seedorf.

- 24 set

Che progetti futuri ha sulle scuole calcio: "Il futuro è legato sempre alla missione centrale. Dare un contributo per un mondo migliore. Si sente tanto sempre, ma è il motivo per cui mi sveglio. Ho energia e vitalità per creare, combattere, viaggiare. Non lo faccio perché è tutto tranquillo. A volte si fa fatica. Come venire qui oggi, è stato bellissimo. Prendo energia dai momenti di condivisione. Però ciò che mi preme è vedere tra cinque o dieci anni uno dei miei progetti di grande impatto nel mondo. Poi parlare di che impatto ha avuto".

- 24 set

Il messaggio per i Ministri dello Sport: "Di darsi una svegliata. Quasi tutti quelli con cui ho parlato credono nelle cose giuste. Hanno il problema di metterlo in pratica. Però a volte si tratta di forzare la mano per ciò che credi sia giusto per il Paese: è la verità, bisogna darsi una svegliata. Le persone hanno scelto quelle persone per quel ruolo, abbiamo bisogno di un ambiente diverso. Il mio progetto è su investimenti specifici e adeguare un sistema che è vecchio, investendo in infrastrutture e far sì che si possano utilizzare davvero. Sarà un bel confronto, ora bisogna pensare a progetti concreti. Sono stufo di parlare. Loro hanno il potere. Bello fare il confronto, sono felice e orgoglioso. Io sono stato fortunato, dobbiamo batterci per far vivere bene anche gli altri".

- 24 set

Sui suoi obiettivi per la fondazione: "A me importa ciò che il calcio può dare alla gente e soprattutto ai bambini. Ho chiesto alla UEFA di farlo e c'è stata disponibilità. Ora cercheremo di dare il nostro contributo. Speriamo di aumentare l'impatto".

- 24 set

Sulle talpe di Milanello che spifferavano le sue richieste e se l'hanno danneggiato: "Sicuramente mi ha danneggiato. Ciò che esce fuori sui giornali ha un effetto. Partendo da chi mi ha invitato, i giornalisti hanno responsabilità quando scrivono certe cose. A volte si prendere troppo con leggerezza che effetto fa sulla persona. Mi piacciono tanto le uova strapazzate, ma non era vero che le imponevo. C'erano intenzioni dietro. La cosa della panchina rialzata, dovete spiegarmi se siete in panchina allo stesso livello cosa vedete dall'altra parte. Era una cosa logica. Spesso gli allenatori stanno in piedi, ma perché devo stare in piedi, metti la panchina in alto. Non è una novità. In Inghilterra sono rialzati. Nel rugby in tribuna. Vedo meglio e non c'è bisogno di urlare. Nel calcio siamo indietro rispetto ad altri sport. Ora c'è qualcuno in tribuna che dà indicazioni all'allenatore. Sarebbe meglio al contrario. L'allenatore sa cosa deve vedere. Il concetto era che si deve vedere meglio, non posso perdermi pezzi. La cosa però l'hanno fatta dopo. La panchina a San Siro ora è rialzata. Io ho smesso di leggere i giornali, li facevo leggere ad altri. Però ti infuenza. Molti vedono i voti, ma ho capito che non mi faceva bene già in Olanda, parlano di te spesso in modo sbagliato. L'importante è che io so cosa ho fatto e lo sa l'allenatore. Quando si è parlato di un'email serale dopo la partita, che ho mandato a Tassotti, è perché io fresco dopo la partita mi facevo i miei appunto e inviavo tutto sulla settimana allo staff. Non solo a Tassotti. Così sanno già di cosa parleremo. Chiunque abbia un buon senso penserà che lavoro tanto, invece è stata criticata perché forse ho svegliato il mio assistente. Non è tanto l'informazione che disturba. Mi disturba quando non c'è vero giornalismo. Non puoi fare gossip se fai male alle persone. Ciò che c'è dietro i social media ora è brutto, bisogna rispettare le persone. C'è chi si ammazza per ciò che si scrive. Deve partire dal giornalismo per dare l'esempio".

- 24 set

Se tornerebbe in panchina: "Mi sono chiesto perché non ho avuto altre occasioni in Italia, ho due figli nati qui. Non credo che sia un Paese razzista, ho sempre sostenuto questo e penso di aver capito com'è. Ci sono razzisti, ma non lo è. Se uno guarda a ciò che è successo ci sono poche basi per capire che chi è arrivato dopo di me al Milan ha trovato subito squadra e io neanche una proposta. Dopo vent'anni di Italia... Oppure mi dicevano che non volevano offendermi con una proposta. Fammela, poi decido io se offendermi o no. Non è solo in Italia, ovunque ci sono pochi allenatore di colore. La prima proposta seria l'ho avuta in Cina, l'ho presa perché mi piace viaggiare e faccio di ogni progetto una cosa importante. Però è deludente vedere che dopo l'esperienza al Milan in cui fai bene non ricevi una chiamata. Il calcio riflette la società. Ne faccio una missione di vita, creare eguaglianza e inclusione. Dovrebbe essere la forza della società. Ormai il mondo è connesso, non c'è più modo di tener fuori la gente. Ti trovi di fianco uno che non ti somiglia, ma che è più del tuo Paese di te stesso, sa di più... È stato un momento difficile, ne ero cosciente, ma non pensavo succedesse con me".

- 24 set

Che chiave usava con i giocatori: "Psicologica. Kakà era in crisi quando sono arrivato, veniva da una brutta esperienza. Era bello ricostruire con lui e vederlo felice di giocare. Taarabt è stato un grande personaggio. Galliani me l'ha fatto vedere e non era male, ma caratterialmente ha elencato un'infinità di cose che non andavano. L'ho chiamato e gli ho detto che me ne dicevano di tutti i colori, ma che se era pronto per dare il meglio l'avremmo preso. Mi ha detto di sì e poi l'ha dimostrato in campo. Talento incredibile, però ha bisogno di un supporto. Come Balotelli, talento sprecato. Prima del mio arrivo aveva tanti cartellini, poi pochi. Lavori con una persona facendogli capire in cosa deve migliorare e quanto è importante per la squadra. Io gli ho detto che era troppo importante per prendersi il rosso e lasciare la squadra, gli dai fiducia e responsabilità. Poi non ho problemi nei confronti, ma fatti con amore. A volte Balotelli aveva una percezione diversa dalla realtà, capita a tutti, ma devi metterti e riguardarti. Poi l'ha capito e rimaneva a guardare immagini da solo. Per capire se ciò che diceva era giusto. Se ci metti tempo e dimostri che lo fai per il giocatore, la risposta è immediata".

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Perchè non l’hanno confermato: “Quando sono arrivato era quartultimo il Milan, con dieci squadre poi superate. Non solo la media punti, ma anche il gioco era bello, fresco”.

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Sull’esperienzaaal Milan da allenatore: “Non so chi me l’ha fatto fare, ma lo rifarei. Era casa mia in difficoltà. Dopo anni difficili. Berlusconi mi aveva detto che dovevo tornare da allenatore. Ero al abitativo a fare preparazione, ricevo la chiamata. Mi sentivo pronto per l’esperienza, avevo fatto tutto. Tornare a casa era bello”.

- 24 set

quanti rimpianti per aver giocato poco nell’Olanda: “Io non ho rimpianti per ciò che ho d’eco io. Hanno scelto giocatori che con tutto il rispetto non erano al mio livello. Mi è stato tolto qualcosa e il mio cuore sportivo piange. Quando non mi vedo nelle immagini è brutto. Il sogno di ogni bambino è giocare e vincere il Mondiale. Uno deve accettarlo, ma resterà un punto di domanda. Sono stato compensato bene coi clu”.

- 24 set

La sua partita: La prima al Milan, sennò le altre non arrivano. Era speciale, la prima al Milan dopo l’Inter. Partivo dalla panchina, non so perchè Ancelotti volesse cosí. Forse voleva motivarmi, ma non c’era bissogno. Ho segnato ed è stata rinascita”.

- 24 set

Su Milan-Manchester 3-0: “Sentivo fosse la serata perfetta già prima della partita, nel riscaldamento. Sotto la pioggia è stata la nostra migliore partita. Nel riscaldamento  si prepara il piede e ci sono partite in cui è pesante e altre lèggerò. Quella sera era giusto. Ma anche come collettivo. Sapevamo cosa stavamo creando. Anche l’ambiente era tutto liscio. Dovevamo vincere. Mettere una squadra in un angolo non era l’idea migliore per lo United, era meglio per loro avere margine. Se siamo costretti a vincere vinciamo”.

- 24 set

Sugli insulti dei tifosi al Milan dopo Istanbul e come investire nella cultura sportiva: “Lo sport insegna tanto. Crei una generazione con cultura diversa. Regole che vanno rispettate. Forse l’Inghilterra è l’esempio migliore, ha educato gente a stare negli stadi. Hanno fatto le cose giuste con investimenti e oggi è il calcio più seguito”.

- 24 set

Su Atene e Istanbul:”Nel tennis giochi spesso contro gli stessi e quindi hai più issibilità di rivalsa. Ci sono momenti iconici, una fortuna ritrovare la stessa squadra in finale. Il rammarico dell’anno perso è perchè eravamo forti e abbiamo giocato meglio di quando abbiamo vinto. La cosa bella dello sport è che poi giochi subito. Per essere di nuovo titolare devi dimostrare di essere già pronto il giorno dopo. Negli anni mentalmente è diventato elastico. La sconfitta non si può portare avanti per mesi. Massimo un giorno. Il mondo dello sport ti insegna da piccolo a reagire subito, per questo è importante investire nello sport”.

- 24 set

Su Galliani che diceva che il gioco del Milan dipendeva da lui: “Mi ha dato una grande responsabilità. Poi si diceva che io giocavo bene le grandi partite, ma ho fatto bene anche con le piccole. Solo che a volte se si alza il livello la tensione non fa rendere tutti al meglio. Io mi sono abituato a competere per vincere. Questa mentalità di essere il migliore con i migliori è nata nelle giovanili. Era normale pensare di poter eccellere nelle grandi partite. Poi a 16 anni debutto in Champions con l’Ajax e o fai bene o rivedi il campo dopo sei mesi. Bisogna gestire le emozioni. Ho imparato a farlo con tempo. All’inizio pensavo che vincere una Champions fosse normale, po ho capito che non lo era”.

- 24 set

Sul gol alla Juve con l’Inter: “Me lo chiedo ancora come mi è venuto in mente di tirare. C’è una maniera filosofica è reale per spiegare. Si parla di arte, ovvero cose che hai visualizzato già prima. Da bambini tutti sognano i gol all’incrocio, ma non cambia neanche da professionista. Progetti cose, passaggi, gol… Ne ho vissuti tanti prima. Uno prova tante cose. Ho fatto più di trenta gol da quella distanza.È allenamento, visualizzazione, fiducia e coraggio. Dietro c’è del lavoro che rende bello”.

- 24 set

Sul 5 Maggio 2002 crocevia: “Non mi chiedo come sarebbe andata. Devi vivere ciò che hai e se guardi indietro e hai dato tutto puoi guardare avanti. In quel momento ho lasciato perchè era giusto. Perdere l’ultima partita e lo Scudetto fa male, ma le scelte personali non le rimpiango. Dovessi rimpiangere significherebbe non aver dato tutto. Ogni esperienza mi ha arricchito. Non giocavo con regolarità, ma ho imparato a essere di supporto ai compagni”.

- 24 set

Le sensazioni sullo spogliatoio del Milan di grandi uomini: “Responsabilità sognifica anche dire di non farcela e mettere qualcuno al tuo posto. Successo con me e altri. Significa fare una scelta non semplice. Un ambiente maturo. Per l’allenatore è una facoltà, non si vede tanto. Ci sono stati questi momenti, o chi aveva bisogno di supporto. Un ambiente critico, ma anche che supportava. Significa un ambiente che dava la certezza di poter essere te stesso. Non sempre è stato cosí”.

- 24 set

Cosa avevano di speciale Ajax, Real e Milan: “All’Ajax il mix tra esperti e giovani. A Madrid c’era un aspetto: dopo 33 anni che non vinceva la Champions, nessuno di noi aveva vinto. C’era una fame allucinante. In campionato non facevamo bene, era un periodo complicato. Si sentiva anche nello spogliatoio la guerra politica. Poi però andavamo in campo con intensità e Unione. È stato bello. Con il Milan… Il Milan vinceva già in Europa, ogni cinque anni in finale. La tradizione di essere competitivo era parte del DNA. Avendo una squadra come la nostra nel 2003 era un sogno, fortissima.Poi c’era Unione e con un gruppo che aveva voglia di prendersi responsabilità”.

- 25 set

Cosa fa capire di far parte di un gruppo vincente: “Ho fatto parte di rose importanti, ma non equivalgono a grandi squadre. Si vede nei momenti difficili, ma anche in quelli belli, per non farsi prendere dall’euforia. Se nei moment belli festeggiano solo i soliti, gli altri si sentono esclusi. Le mie due principali esperienze vittoriose c’erano difficoltà prima. A livello fisico. Solo la squadra ha compensato. La consapevolezza di poter vincere con tutti e poter contare sui compagni”.

- 24 set

Sull’importanza della tecnica più della tattica: “Non so se l’Italia ha problemi. Ha vinto 4 Mondiali, ma forse ha fatto l’errore di voler copiare altri, mentre poteva insegnare. Portieri, difensori e attaccanti sono stati un marchio italiano. Saper difendere e  vincere 1-0 l’ho sempre rispettato. Bisogna tornare alle basi italiane aggiungendo qualcosa. Prendo la Germania come esempio, che ora gioca meglio senza perdere le basi solide. La tecnica è importante, ma non determina la carriera di un giocatore. Tanti erano fantastici, ma senza la mentalità giusta. La personalità include anche è saper stare in un ambiente duro, ma anche bello”.

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Quanto ha influito la sua personalità: “Va sviluppata da giovane. Ho avuto genitori che mi hanno aiutato. L’ambiente fa tanto. Voler sapere di tutto da piccolo, mettendo anche in crisi professori… Se avevo domande le facevo. Questo mi ha dato la base per la personalità che serviva”.

- 25 set

Se ricorda il primo pallone: Avevo due anni, mia madre ha fatto una foto. La esponeva sempre”.

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