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FOCUS 4-4-2, l’oro di Sacchi e Capello diventato oggi tabù

Lorenzo Romagna

4-4-2: da marchio di fabbrica del Milan targato Sacchi e Capello, a tabù con Ancelotti. Dall'era Ancelotti in poi il centrocampo a 3 è diventato un dogma...

«Galli, Tassotti, Maldini, Ancelotti, Costacurta, Baresi, Donadoni, Rijkaard, Van Basten, Gullit, Evani». Era più di una semplice filastrocca, è semplicemente il miglior Milan di tutti i tempi. Anzi, come disse l’Uefa, è la miglior squadra di sempre della storia del calcio. Ogni milanista autentico ha impresso nella propria mente questa formazione, preludio degli anni d’oro successivi, capace di influenzare tutto il calcio europeo e mondiale degli anni ’90, arrivata all’apice nel trionfo della Coppa Campioni del 1989 al Camp Nou di Barcelona contro la Steaua Bucarest.

Dopo il periodo inglese del «WM», l’uso del catenaccio, l’invenzione sudamericana del 4-2-4 e il «calcio totale» degli olandesi, uno sconosciuto - fino ad allora - allenatore di provincia si affacciò sul grande calcio sfruttando fino in fondo le teorie del gioco a zona, già praticato da Liedholm, unite all’attenzione difensiva e al pressing sistematico a centrocampo. Il suo nome era Arrigo Sacchi e il suo modulo di riferimento era il 4-4-2. Al Milan diventerà un vero e proprio dogma a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 e, quando al «Profeta di Fusignano» subentrò Fabio Capello, le cose addirittura migliorarono. Il tecnico di Pieris proseguì sulle orme del suo predecessore, a tal punto da vincere ancora in Italia e in Europa.

Oltre agli inamovibili Maldini, Baresi, Costacurta e Donadoni, la società scelse Rossi per il post-Galli, Panucci prese il posto di Tassotti, in mezzo Desailly e Albertini sostituirono Rijkaard e Ancelotti, sulla fascia fu ingaggiato il croato Boban, mentre in attacco la coppia era formata dal «Genio» Savicevic e da Massaro. Questo fu etichettato come il «Milan degli Invincibili», che raggiunse il tetto del mondo nella storica finale di Atene in Coppa Campioni, strapazzando il Barcelona di Cruijff. Quello fu il punto più alto della storia del club, capace di annientare una società blasonata come quella catalana, ma fu anche l’inizio di un lento declino che caratterizzò soprattutto gli ultimi anni del secolo scorso.

A parte la parentesi dello scudetto zaccheroniano del 1999, famoso per quella difesa a 3 che diede risultati al di sopra di tutte le attese, la vera rivoluzione avvenne all’alba del nuovo millennio quando dopo l’esonero di Terim, fu portato a Milanello il tanto amato Carlo Ancelotti. Il tecnico di Reggiolo ammise da subito di essersi ispirato a un mix dei suoi vecchi mentori come Liedholm o gli stessi Sacchi e Capello con una sostanziale differenza però: l’abbandono del 4-4-2 e l’utilizzo in pianta stabile del trequartista, tanto odiato dai suoi colleghi più illustri visto che, spesso, i giocatori di talento (Baggio, Savicevic, Boban solo per citarne alcuni) li confinavano sulla fascia.

Con Ancelotti il centrocampo era rigorosamente a 3, in modo da supportare il fantasista o addirittura il doppio trequartista, come nel famoso schema «Albero di Natale». Rui Costa, Rivaldo, Kakà, Seedorf furono alcuni degli interpreti di questo cambiamento che riportò il Milan sul tetto del mondo a distanza di anni. Questo fu l’ultimo periodo glorioso dove la società si rese protagonista in Italia e in Europa (scudetto di Allegri a parte), cadendo ultimamente in un baratro che, purtroppo, sembra essere senza fondo. Né Leonardo prima, né Seedorf e Inzaghi dopo riuscirono a invertire la rotta, insistendo sempre su moduli molto offensivi (chi si dimentica il 4-2-fantasia del brasiliano?) con giocatori che non erano idonei alla loro idea di calcio. L’arrivo di Mihajlovic, finora, ha mantenuto questo trend negativo fino alla sconfitta di Napoli che, come in un qualsiasi periodo storico, può segnare un’epoca: il ritorno al 4-4-2.

Una sequenza di cifre che fanno salire pensieri dolci ai tifosi, ma non basta l’ordine di numeri per ritornare grandi. Gli interpreti sono assai diversi e a certi milanisti DOC questo fa ancora più male delle sconfitte recenti.

Davide Benericetti

@davben86