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Raiola: “Ibrahimovic al Milan? E’ come l’ultima tournée dei Queen”

Zlatan Ibrahimovic e Mino Raiola (credits: GETTY Images)

Mino Raiola, agente dei giocatori più forti del mondo tra cui Ibrahimovic e Donnarumma, ha rilasciata un'intervista al quotidiano "La Repubblica"

Salvatore Cantone

CALCIOMERCATO MILAN - Mino Raiola, procuratore di tantissimi giocatori tra cui Zlatan Ibrahimovic e Gianluigi Donnarumma, ha rilasciato un'intervista al quotidiano La Repubblica: "Zlatan è tornato per divertirsi e per far divertire il mondo. Non potevo permettere che il suo ultimo palcoscenico fosse Los Angeles. Questi sei mesi saranno come l'ultima tournée dei Queen, un lungo tributo: bisognava farlo a San Siro".

Chi ha convinto chi, stavolta?

"Abbiamo litigato a ogni trasferimento. Se fossi ignorante, penserei che sono sempre stato io a decidere le sue squadra, invece a 52 anni credo di aver capito che lui decide e poi mi ha credere la decisione l'ho presa io".

La Serie A sta diventando il cimitero degli elefanti?

"Il caso di Ibrahimovic è diverso, lui viene solo per sei mesi, poi vediamo. Però vi ho portato De Ligt che volevano tutti. Tutti. Ma lui diventare il migliore difensore del mondo e allora mi fa "Mino, io devo andare all'Harvard della difesa, al Mit dei difensori". Perciò abbiamo scelto la Juve: per prendere la laurea".

Lei va alla trattative in pantaloncini corti e maglietta: fa parte del personaggio?

"Mia mamma mi diceva: "Mino, conciati a modo". Ma io con i vestiti non sto bene, sono a disagio. All'inizio mi guardavano come uno scemo, però poi ho capito che era anche meglio: se ti presenti vestito male ti sottovalutano, e in una trattativa è un gran vantaggio. L'unico che ha avuto da dire è stato Braida, ma lui è un damerino. O gli avvocati della Fifa, a cui ho spiegato che la decenza non si vede dal vestito. E loro lo dimostrano".

Certi tifosi la odiano, dicono che lei non ha rispetto per le bandiere, ma solo per gli affari

"Dovrebbero chiedermi scusa per Donnarumma: Mino, avevi ragione tu. Volevo portarlo via perchè non mi fidavo di quel Milan, come non mi fidato dell'Inter di Thohir, e ditemi se non avevo ragione". Sarò poco romantico e politicamente scorretto, ma il mio scopo è massimizzare la carriera dei miei giocatori. Mi chiedo sempre: "Cosa farei se fosse mio figlio?" I soldi sono solo l'ultimo step".

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