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Zaccheroni: “Milan? Ecco come è arrivata la svolta scudetto. Sulla Serie A…”

Alberto Zaccheroni (credits: GETTY Images)

MILAN NEWS - Alberto Zaccheroni, ex tecnico rossonero, ha parlato della più stretta attualità in collegamento con Sky Sport. Le sue dichiarazioni

Salvatore Cantone

MILAN NEWS - Alberto Zaccheroni, ex tecnico del Milan, con cui ha vinto uno scudetto nella stagione 1999, ha rilasciato le seguenti dichiarazioni a Sky Sport: "Ripresa del campionato? Io non sono così fiducioso sulla ripresa, non perchè sia pro o contro, ma perchè non ho capito ancora se si ripartirà o meno. A parole c'è l'intenzione di far ripartire tutto il movimento, ma ci sono tanti problemi da risolvere. Tutti hanno l'interesse a ripartire e questo è un dato di fatto. Sarebbe decisamente brutto per lo sport lasciare una casella vuota in questa stagione nei titoli.  Ci sono aspetti economici importanti e quindi si cercherà di fare di tutto per cominciare, ma il rischio è veramente alto. Tra venti giorni, invece, le cose potrebbero cambiare".

Sempre sulla ripresa: "Non pensiamo di rivedere il campionato come l'abbiamo lasciato. I giocatori sono stati inattivi e avevano la testa altrove. Abbiamo avuto diversi casi tra i calciatori, e quindi immagino che alcuni di loro siano anche preoccupati per la situazione. Non è come quando si infortuna un giocatore e gli altri sono disponibili: se c'è un giocatore positivo dobbiamo mettere tutta la squadra in quarantena. Questo è il grande rischio che la Federazione vorrebbe evitare".

Sulla sua esperienza all'Udinese: "Il mio 3-4-3 a Udine? Abbiamo fatto una cosa che contro le grandi squadre nessuno faceva. Le partite contro le big erano quasi di vacanza per i giocatori, perchè si dava per scontato che si sarebbe perso.  Ci è voluto coraggio, ma è da tempo che ci lavoravo. Di sicuro, se fosse andata male, avrei smesso di allenare. Cerco sempre di mettere in evidenza la qualità dei giocatori migliori. In quella stagione avevo Amoroso e Bierhoff e volevo trovare il modo di farli coesistere. Prima di me si giocava a Udine con la difesa a 5, ma oggi sarebbe impossibile sostenere tre attaccanti con soli tre centrocampisti".

Sulle dichiarazioni di Amoroso: "La verità che siam partiti male. Fu presentato in piazza a Udine con la maglia numero 10, ma io l'avevo già data a Stroppa. Chiamai Gino Pozzo dicendo che era impossibile, ma mi disse che era previsto nel contratto firmato dal brasiliano. A quel punto chiesi aiuto a Causio per far capire ad Amoroso che non poteva giocare con la maglia numero 10. Sul campo, invece, ho chiesto a lui di essere più brasiliano, nel senso che per me doveva giocare solo attaccante, evitando rientri profondi. Doveva metterci più qualità e non pensare alla quantità".

Sulla sua carriera: "Dopo il Milan c'è molto di mio sul fatto che non ho allenato grandi squadre dall'inizio. Questo è dipeso anche dal fatto che ho deciso di non avere l'agente e di essere indipendente. Da allenatore dilettante, che è arrivato al grande calcio gradino per gradino, ho fatto questa scelta. Tornassi indietro non modificherei una virgola del mio comportamento".

Sulle squadre allenate: "La squadra che mi ha dato più soddisfazione nel vedere giocare? L'Udinese. Era uno spettacolo, una macchina perfetta. Nelle partitelle del Giovedì di solito i giocatori non si impegnano molto, mentre in quei casi l'applicazione era totale. E' stato dura convincerli a sposare il mio calcio, ma poi ci hanno creduto. Loro all'inizio non condividevano, ma abbiamo trovato un compromesso. Abbiamo iniziato a giocare con i 3 attaccanti quando eravamo in svantaggio, e poi da li le cose sono cambiate".

Sullo scudetto al Milan: "Provate a mettervi nei panni dei calciatori di allora che arrivavano da due stagioni negative con Sacchi e Capello in panchina e che vedevano arrivare uno come me, che ha giocato pochissimo a calcio e che arrivava dall'Udinese. Le possibilità per far bene erano poche, ma quella squadra aveva tanta qualità, anche se poca qualità. Infatti nel giro di pochi mesi alcuni smisero di giocare, come ad esempio Boban e Weah. Non erano quindi in grado di giocare tanti minuti. Per sostenere tutta questa qualità bisognava convincere il gruppo: andai da Maldini, Costacurta e Albertini e dissi che avevo intenzione di giocare con i tre attaccanti. Io pensavo che mi mandassero a quel paese, mentre invece la loro risposta fu positiva, e mi dissero: "Se lei è convinto, ce lo dimostri e noi le verremo dietro". Così è successo. Facemmo degli allenamenti con un'attenzione straordinaria, con questi tre che guidavano il gruppo. E' grazie a loro che quello scudetto è stato possibile". Intanto sempre più in bilico il futuro di Maldini, continua a leggere >>>

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