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Pato: “Mi manca il Milan. Su Barbara e sull’incrocio con Tévez e il PSG …”

Pato: 'Mi manca il Milan. Su Barbara e sull'incrocio con Tévez e il PSG ...'
Alexandre Pato, ex attaccante del Milan, ha parlato a 'La Gazzetta dello Sport': le sue dichiarazioni tra passato, presente e futuro
Daniele Triolo Redattore 

Il brasiliano Alexandre Pato, ex attaccante del Milan, ha parlato in un'intervista in esclusiva a 'La Gazzetta dello Sport': ecco le sue dichiarazioni tra passato, presente e futuro.

Ex Milan, le rivelazioni di Pato alla 'rosea'

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Sul perché non ha troppi rimpianti per una carriera che sarebbe potuta essere migliore: "È merito della fede. Tutto quello che succede dipende da Dio, che mi ha fatto superare gli infortuni, mi ha fatto maturare come uomo e realizzare i miei sogni. A 12 anni passai con la mia famiglia davanti a un palazzo bellissimo e dissi ai miei genitori che un giorno saremmo andati a vivere lì. E sei anni dopo comprai l’appartamento. Noi pensiamo di decidere, ma è sempre la Sua volontà. Con mia moglie Rebeca abbiamo provato a lungo ad avere un figlio, alcune gravidanze purtroppo si sono interrotte, non abbiamo smesso di sperare e di pregare e poi è arrivato Benjamin. Ecco perché non ho rimpianti, nemmeno l’esclusione dal Mondiale 2010 che pensavo di meritare, e prendo con serenità ogni momento della vita. In passato si è detto che fossi depresso, che facessi uso di alcool: tutte sciocchezze. La fede mi ha sempre fatto stare bene".


Sulla fede che lo ha aiutato quando gli fu diagnosticato un tumore a 11 anni: "Certo. E la storia lo dimostra. La mia famiglia non aveva soldi e nemmeno un’assicurazione sanitaria. Papà mostrò un mio video in campo al dottor Paulo Roberto Mussi, che decise di operarmi gratis. Da lì sono andato velocemente. Non durò molto il provino all’Internacional: il tempo di uno stop di petto e un passaggio di prima. Preso. A 12 anni mi trovai da solo a Porto Alegre, non fu semplice. A 16 anni esordii e a 17 vincemmo il Mondiale per club a Yokohama: in semifinale segnai contro l’Ah-Ahli diventando il più giovane marcatore di un torneo Fifa. Il primato era di Pelé. Può immaginare che cosa potesse significare per me... In finale battemmo il Barcellona di Ronaldinho, Xavi, Iniesta".

Sul perché scelse il Milan nel 2007: "Avevo altre offerte, ma giocavo tanto alla Playstation e i campioni che sceglievo facevano quasi tutti parte del Milan. Era come entrare nella Playstation. Braida venne a trovarmi in Brasile, Ancelotti mi studiò dal vivo in Canada al Mondiale Under 20. Decisi in fretta. Poi ho dovuto pazientare qualche mese perché a fine mercato estivo ero ancora minorenne. E a gennaio esordii contro il Napoli: aspettavo tanto quel momento, lo aspettavano i tifosi. Segnai subito e l’urlo di San Siro lo porto ancora dentro di me. Mi manca San Siro, mi manca il Milan. Darei tutto per indossare ancora quella maglia: mi basterebbero sei mesi per restituire l’amore che ho sempre sentito e per aiutare il club".

"Darei tutto per indossare ancora la maglia del Milan"

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Sulla sua carriera: "L’ultima partita è del 21 settembre 2023, ma continuo ad allenarmi da solo. Tornerei solo per il Milan. Ho fatto tante esperienze nella mia carriera: alcune belle, altre deludenti. Ho gioito, ho sofferto, ho imparato. Sono cresciuto come uomo e non solo come calciatore. Adesso guardo le cose sotto un altro punto di vista, ma vorrei davvero indossare di nuovo la maglia del Milan e lo farei con grandissimo impegno e serietà".

Sul momento più bello vissuto in rossonero: "La doppietta nel derby-scudetto del 2011. Quell’anno segnai 14 gol in 25 partite, con Ibra e Robinho mi trovavo benissimo. La sfida con l’Inter a pochi turni dalla fine era decisiva e, a proposito dell’urlo di San Siro, dopo i miei due gol lo stadio esplose".

Su come si spiega, oggi, tutti gli infortuni dell'epoca: "Non ero fragile, mi allenavo bene, curavo l’alimentazione, ero disciplinato. Nella mia famiglia tutti erano fisicamente forti. Probabilmente sono cresciuto velocemente e avrei avuto bisogno di fare esercizi specifici che mi aiutassero a non correre rischi. Ogni volta che mi fermavo perdevo forza e massa muscolare. Avevo una struttura particolare, che forse non è stata assecondata abbastanza: in partita facevo numerosi scatti da 34-35 chilometri orari".

"Silvio Berlusconi mi chiese di non andare al PSG. Non potevo dirgli di no"

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Sul trasferimento saltato al PSG, e sul mancato arrivo di Carlos Tévez al Milan, per la sua storia con Barbara Berlusconi: "Non fui io a rifiutare e nemmeno Barbara a fare pressioni. Al Psg c’erano Ancelotti e Leonardo, che anni prima mi aveva consigliato al Milan. Mi proposero uno stipendio da 8 milioni netti. Io accettai e dissi al PSG di trovare un accordo con il Milan. All’improvviso mi telefonò Silvio Berlusconi: 'Non accettare, sei la nostra stella, puntiamo su di te per la Champions'. Non potevo dirgli di no. Fu il presidente a decidere, non io e nemmeno Barbara. Poi la colpa fu data al più fragile, cioè io".

Su Barbara Berlusconi: "Non la sento da tanto tempo. Però ho un bellissimo ricordo della nostra storia: due ragazzi che stavano bene insieme senza farsi troppe domande".

Su cosa pensa di Carlo Ancelotti come C.T. del Brasile: "Sono contentissimo e spero di incontrarlo. Ha una rosa di ottimi giocatori, ma gli servirà l’aiuto di tutti. Con Carlo abbiamo la speranza di vincere il prossimo Mondiale".

Su cosa fa oggi per vivere: "Investimenti in diversi campi. Ho una palestra con mio fratello, ho comprato da poco un club con otto campi da tennis su cui vorrei aiutare i bambini a diventare professionisti. Faccio diversi corsi di formazione e potrei anche investire nel Monza: un fondo si è interessato. E mi godo Rebeca e Benjamin".

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