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Oddo: “Una rivincita il mio ritorno al Milan. Su Rangnick e Ibrahimovic…”

Massimo Oddo, qui da calciatore con la maglia del Milan (credits: GETTY Images)

Massimo Oddo, terzino destro del Milan campione d'Europa nel 2007, ha fatto due chiacchiere con Carlo Pellegatti su Instagram. Ecco alcuni aneddoti

Renato Panno

ULTIME NEWS MILAN - Massimo Oddo, terzino destro del Milan campione d'Europa nel 2007, è intervenuto in diretta Instagram insieme a Carlo Pellegatti. Ecco alcuni aneddoti sulla sue esperienza rossonera:

Sulle giovanili con il Milan: "Il Milan è stata la squadra che ha creduto in me più di tutte fin da giovane. Feci dei provini, mi scelsero anche altre squadre, stavo tornando da un provino con la Lucchese che mi aveva già scelto, ma mi dissero di andare a Parma per fare un provino col Milan. Andò benissimo, il Milan mi prese e poi approdai in rossonero. Sono stati due anni difficili, formativi, in giovane età è difficile allontanarsi da famiglia e amici, ma è stato un periodo in cui sono cresciuto anche a livello umano. Stare ventiquattr'ore su ventiquattro con i grandi campioni del Milan è stato molto importante".

Sul ritorno al Milan: "E' stata una sorta di rivincita per me. Andai in giro per 4/5 anni in prestito, facendo sempre grande fatica ad affermarmi, nel momento in cui esplosi a Monza in Serie B mi prese il Napoli. In quell'anno mi consacrai sia come ruolo che da giocatore di una squadra importante, arrivò una proposta del Verona e il Milan mi vendette, ci rimasi un po' male. Poi andai alla Lazio e nel 2007 ci fu questa trattativa estenuante, si vociferava di un mio ritorno al Milan da almeno due anni. Ci sono aneddoti bellissimi. Il 30 gennaio mi chiamò Galliani e mi disse: "Signor Oddo abbiamo concluso l'affare e domani ha un aereo prenotato per Milano". Il giorno dopo alle 7:30 mi chiamò di nuovo dicendomi: "La trattativa è saltata". Quell'anno Foggia, che era un giocatore del Milan, era in prestito alla Lazio, la Lazio aveva pagato quel prestito 300.000 euro. Lotito durante la notte pensò di aver pagato 300.000 euro di prestito, quindi a Galliani disse di rivolere 150.000 euro. Galliani perse la pazienza e fece saltare la trattativa. Poi io chiamai Lotito per convincerlo e lui richiamò Galliani: "Facciamo così, non mi dai i 150.000 euro di Foggia, ma se dovessi vincere la Champions League mi paghi Foggia". Galliani è un po' superstizioso, temendo la furia di Lotito accettò, poi vincemmo la Champions League e Lotito si prese altri 300.000 euro".

Sulle sue caratteristiche  "Le mie caratteristiche mi portavano ad essere un giocatore più bravo ad offendere che difendere. Quando approdai al Milan probabilmente le mie migliori prestazioni furono a livello difensivo che offensivo, perché le partite richiedevano quello. Col Manchester mi occupai di Ronaldo per 70 minuti, poi arrivò Giggs, mi occupai di lui con una grande collaborazione con Gattuso. E' lecito aspettarsi che un terzino molto di spinta possa ogni tanto lasciare desiderare in fase difensiva, a volte manca la lucidità. Con l'approdo al Milan però sono migliorato anche in fase difensiva".

Su Theo Hernandez: "Secondo me si tratta di esperienza, di generosità, noi terzini di spinta siamo estremamente generosi. Ci piace correre e fare la fascia, tante volte l'esperienza ti porta ad andare una volta in meno, piuttosto che andare tante volte. Perché facendo tanti chilometri capita di non avere la lucidità giusta per fare un cross. Io spesso forzavo il cross ed era facile sbagliarlo, a discapito però di 2/3 cross determinanti".

Su Milan-Celtic: "Era un Milan malaticcio, in campionato stentava molto, quando arrivai non era nelle prime posizioni in classifica. Durante il sorteggio eravamo felici di aver beccato il Celtic, era la squadra teoricamente più abbordabile sulla carta. Andammo a giocare la prima partita in uno stadio meraviglioso, gente che faceva un casino incredibile, non facemmo una gara bellissima, pareggiammo 0-0, rischiando anche di perdere. Al ritorno eravamo convinti di passare il turno ma la gara si rivelò molto ostica, il Celtic ci mise in difficoltà e ci ha portato ai supplementari. Kakà si inventò questo gol, quello fu l'inizio del grandissimo Kakà che ci ha portato fino in finale".

Sui Quarti di Champions League contro il Bayern Monaco: "Fu il mio primo assist in Champions League, credo sia stato il primo gol di testa di Pirlo. Facemmo una buona partita, il Bayern era una grande squadra. L'avevamo quasi sfangata ma poi ci fecero gol a fine partita, già il 2-1 non era un risultato dei più belli in casa giocando il ritorno a Monaco. I due momenti clou della stagione però furono il gol preso al 90' col Bayern e quello preso al 90' a Manchester. Con due risultati diversi l'approccio ai ritorni sarebbe stato diverso. A Monaco di Baviera abbiamo giocato una delle più belle partite, in campo c'eravamo solo noi, siamo partiti fortissimi, l'umiltà ha fatto sì che facessimo una partita incredibile, strameritata. Prima dei due gol avevamo avuto già diverse occasioni, abbiamo dominato in lungo e in largo dall'inizio".

Su Ancelotti: "Oltre all'aspetto tecnico tattico che è sempre importante, lui ci trasmetteva sempre grandissima serenità, la sua esperienza ci permetteva di arrivare a queste partite con la giusta tensione".

Sui tanti giocatori di quel gruppo diventati allenatori: "Secondo me è casualità, non abbiamo deciso di fare l'allenatore per via di Ancelotti. Il mio essere allenatore è una casualità, io volevo fare tutt'altro, poi ho avuto la possiblità, mi è piaciuto e ho continuato. L'80% degli ex giocatori inizia a fare l'allenatore, la causalità è che tanti di quella squadra lo sono diventati".

Su Rangnick: "Non lo conosco caratterialmente, tecnicamente e tatticamente sarà un allenatore forte, ma l'aspetto che mi preoccupa di più è quello caratteriale. Chi ha carattere si riesce ad abituare, al contrario no. Rimango dell'opinione che i migliori allenatori sono sempre quelli italiani. A livello tecnico/tattico gli allenatori preparati sono quelli più bravi, senza nulla togliere agli altri".

Su Ibrahimovic: "Dipende quali sono le ambizioni societarie e dalle possibilità che si hanno di fare mercato. Se fossi allenatore del Milan io lo terrei, ma non dipende né da me né dai tifosi. Molto dipenderà dall'allenatore, la società dovrà assecondarlo in base alle sue idee di calcio".

Sulla ripresa del campionato: "E' un discorso molto ampio, le prerogative devono essere due. Il campionato va finito, perché il problema è economico. L'azienda calcio è la terza italiana, non dobbiamo assolutamente pensare che il calcio voglia continuare per via dei giocatori che vanno in campo. Il calcio deve essere tutelato in quanto azienda. La seconda prerogativa è che ci sia un organo sovrano che decida su come finire dei campionati e quando iniziare i prossimi".

Sulla carriera da allenatore: "Non penso a lungo termine, sogno di avere una società che sposi le mie idee di calcio e le porti fino in fondo. Anche all'estero? Certamente sì, ma per andare all'estero devi fare un bel passaggio in Italia che ti porti ad essere un bravo allenatore".

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