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UEFA, Italia fuori dall’Europa. Quando c’era il Milan…

Shevchenko e Inzaghi, bandiere del Milan
Una volta, non troppo tempo fa, il Milan dominava il ranking UEFA e con lui l'Italia intera, con quattro squadre in Champions. Ecco i numeri del declino

Edoardo Lavezzari

Nel successivo triennio, le continue prestazioni deludenti (2-2 casalingo contro il Werder in Coppa UEFA, il complessivo 2-7 contro il Manchester United e l’eliminazione dal Tottenham) hanno fatto perdere ulteriori posizioni nel ranking per club, fino a scendere in seconda fascia al termine della stagione 2010-11 (il Milan era 10° con 94.110 punti, superato anche dal Porto) e alla perdita di un posto Champions a vantaggio della Germania a partire dal 2012-13 (dal 2011-12 se l’Inter non avesse sconfitto il Bayern München a Madrid): le continue eliminazioni sottotono contro Barcelona (2013) e Atletico Madrid (2014) - oltre all’esclusione dalle competizioni UEFA per due anni di fila - hanno fatto perdere ulteriormente punti al calcio italiano che, dopo la positiva stagione 2014-15 (merito anche di Napoli e Fiorentina in Europa League) .

Da questo quadro bisogna dedurre che il buon rendimento dei club italiani nelle coppe dipendesse principalmente da quello del Milan, grazie alle due Coppe dei Campioni vinte (più Supercoppe e Mondiale per club), ma anche grazie alla finale del 2005 e alla semifinale del 2006: in realtà il declino è dipeso da molti fattori, a cominciare da quello finanziario e burocratico (se il tycoon messicano Carlos Slim ha preferito acquistare un club spagnolo di terza serie piuttosto che una big di Serie A ci sarà un motivo), e al fatto che la maggior parte delle italiane ha deciso di snobbare la Coppa UEFA/Europa League, schierando le seconde linee, mentre le squadre spagnole e tedesche la onoravano fino in fondo, guadagnando punti nei ranking.

Non esistono soluzioni per la rinascita del calcio italiano; i dirigenti federali e della Lega di A sono quelli che sono, alternative non se ne vedono in giro (ammesso che ci siano) e i soldi a disposizione non bastano per rafforzare le rose o i settori giovanili. Lentamente la Serie A si avvicinerà all’Eredivisie olandese, ossia a un campionato di esportazione verso l’estero anziché di importazione: di questo si dovrebbero preoccupare gli addetti ai lavori (stampa compresa) anziché fare le finte vittime parlando di tutele arbitrali e presunte congiure contro l’Italia (dimenticando sempre i favori ricevuti gli anni scorsi).

Stefano Sette