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Milan, 5 considerazioni sul 2016

Juventus-Milan Supercoppa Italiana
Sul sito del Milan si leggono cinque considerazioni sull'annata che sta per chiudersi. Cinque riflessioni sul Milan che è stato da gennaio a dicembre.

Stefano Bressi

1 - I GIOVANI DEL MILAN SONO ANCHE VINCENTI

Uno dei luoghi comuni del calcio vorrebbe che quella dei giovani fosse una politica affascinante ma pericolosa, sana ma non vincente. L'esempio dell'Arsenal corre di bocca in bocca, in questi casi. Ma il Milan, e la finale di Doha con Donnarumma decisivo lo ha dimostrato, ha il suo dna da abbinare alla sua giovane età. I ragazzi del Milan camminano tutti i giorni fra i corridoi di Milanello, osservati dalle foto di grandi trionfi e di grandi campioni. Ecco perché vogliono emulare e vogliono provare a fare anche loro grandi cose. Quelli del Milan sono poi giovani di forte personalità: Donnarumma urla e sprona, Locatelli ha un carattere freddo e determinato, Calabria, come aveva dimostrato nella finale di Roma, ha spirito agonistico e tanta rabbia sportiva. Quando non gioca, come in questo periodo, soffre e si impegna a fondo per tornare.

2 - GLI ITALIANI, LA STRADA GIUSTA

Il giocatore italiano ha più senso di responsabilità e più attaccamento alla maglia. Nei momenti delicati sa fare gruppo, nei momenti belli sa spronare quel tanto in più che serve per vincere. Non sono massime. Sono concetti che ci trasferiva Damiano Tommasi, numero uno dell'Associazione italiana calciatori, in visita a Milanello, lui già compagno di squadra di Vincenzo Montella nella Roma, nel corso dell'agosto 2016. Il Milan conferma tutto questo. Il rapporto fra Abate e Montolivo, fra Antonelli e Bonaventura, fra tutti i ragazzi provenienti dal settore giovanile, ne sono una riprova salda e costante nel tempo.

3 - VINCENZO MONTELLA, LA DIFFERENZA

Doveva fare due cose il nuovo allenatore, e le ha fatte in pieno. Depressurizzare la testa della squadra, in primis. Ridarle il gusto di stare in campo con la palla nei piedi, in secundis. Il Milan degli ultimi anni era frastornato. La psicologia della squadra non trovava un approdo sicuro. È qui che l'allenatore ha iniziato a lavorare, prima di scendere in campo. Tabula rasa di condizionamenti e contaminazioni. Rescissi in tempo reale, per aprire invece le porte di Milanello alla serenità e al sorriso. Poi, le partite. Il Milan degli ultimi anni faceva fatica a giocare la palla. Non ne aveva il gusto, la padronanza. Quella che si vede oggi è una squadra che può anche soffrire, ma poi si mette a ragionare e mentre il pallone gira da De Sciglio a Romagnoli, da Paletta ad Abate, il resto della squadra lavora e si posiziona per andare a colpire. È un Milan gradevole e rassicurante quello allenato da Vincenzo Montella.

4 - MILAN PROMOSSO PER 9 MESI SU 12

Al bilancio di fine anno, in fondo, mancano solo tre mesi. Il Milan di gennaio e febbraio era già in grande risalita. Era una squadra che con il suo 4-4-2 aveva ampiamente alla propria portata il ritorno in Europa al quarto o al quinto posto in classifica. Era però un Milan legato ad uno spartito rigido e immutabile, tanto che l'infortunio di Niang ha fatto saltare tutto. Non c'era un sostituto fisicamente e psicologicamente pronto subito e la squadra si è sfaldata. A questo 2016 rossonero togliamo proprio solo mesi di marzo, aprile e maggio nonostante la bellissima prova nella Finale di Roma. Perché poi a giugno è arrivato Montella e da luglio in poi l'anno milanista è stato tutto di costruzione e sviluppo, di crescita e di soddisfazioni.

5 - UNA SOCIETÀ CORAGGIOSA, SENZA SPIRITO DI RIVALSA

Silvio Berlusconi ha avuto grande coraggio, dopo anni difficili, nel battezzare una linea genuina come quella dei giovani, per la quale ci vuole tanta pazienza. Lo ha fatto e nella Finale di Supercoppa a Doha ne è stato subito premiato. Il presidente del Milan e Adriano Galliani sono stati molto e duramente criticati nel recente passato, ma nel momento della vittoria se la sono goduta senza concedere spazio a nessun tipo di rivalsa o di livore. Sono stati d'animo che non appartengono ai vertici del Milan di Silvio Berlusconi. E a cascata questo si ripercuote su tutto il Club, come dimostra il gesto di Abate, capitano nella finale nell'Emirato, che sceglie di non alzare il trofeo da solo ma vuole accanto a sè capitan Montolivo, assente per l'infortunio di ottobre al legamento crociato del ginocchio. Sono cose da Milan, sulle quali il Milan, per rispetto di se stesso, deve insistere ancor di più e costruire sempre di più.

Fonte: acmilan.com

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