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La rivincita dei rincalzi: Poli simbolo della riscossa dalla panchina

Redazione

Nella gara vinta a Bologna, oltre al carattere ritrovato Vincenzo Montella ha capito che anche le cosiddette riserve possono dare il loro grande contributo

(Fotoracconto a cura di Enrico Maggioni)

DALLA PANCHINA

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Vincenzo Montella era stato chiaro nella conferenza della vigilia della gara di Bologna. Pur alle prese con scelte tecniche non facili e dilemmi tattici da dipanare, aveva puntato tutto sull’orgoglio per stimolare i suoi ragazzi in vista di un incontro tutt’altro che facile contro i rossoblu di mister Donadoni. Ed in effetti la gara, iniziata con il giusto piglio di chi vuole vincere per scrollarsi di dosso un periodo troppo sfortunato, si complica con le espulsioni di Gabriel Paletta e Jurai Kucka (siamo a nove, in questa stagione, per i rossoneri) e  l’infortunio di Alessio Romagnoli.

Allo scopo di dare un assetto tattico razionale ai ragazzi rimasti in campo, l’Aeroplanino attinge a piene mani dalla panchina dalla quale, per sua fortuna, escono ragazzi pronti e seri professionisti che, praticamente senza riscaldamento, si gettano nella mischia, concreti e concentrati, con l’obiettivo molto prosaico di fare legna.

Montella, nel giro di pochi minuti, ha dovuto reinventare la coppia di centrali inserendo prima Cristian Zapata al posto di Romagnoli e Gustavo Gomez sacrificando Manuel Locatelli per sopperire al doppio cartellino di Paletta e, nel tentativo di dare equilibrio alla squadra accorciando le distanze tra i reparti, ha sostituito l’abulico Carlos Bacca con il redivivo Andrea Poli.

Il mix di entusiasmo portato dai panchinari, l’organizzazione di gioco che, come ha rimarcato ieri sera Vincenzo Montella nel post-partita, non viene mai meno, l’enorme spirito di sacrificio di coloro rimasti in campo, oltre alla parata salva risultato di Gianluigi Donnarumma di metà ripresa, hanno consentito al Milan di restare in partita sino alla fine ottenendo un risultato che è andato ben oltre le più ottimistiche attese. 

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ZAPATA

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Christian Zapata è uno dei ragazzi che mercoledì sera hanno maggiormente brillato.

Entrato in campo pressoché a freddo, alla mezz’ora del primo tempo in sostituzione dell’infortunato Alessio Romagnoli, ha dovuto poco dopo fare a meno del partner Paletta per l’ingenua espulsione e, coadiuvato nel secondo tempo da Gomez, ha dovuto gestire da leader la linea difensiva rossonera.

Una prova brillante e generosa, a testimonianza della serietà  di Christian, per lungo tempo confinato in questa stagione in panchina e considerato ai margini del progetto di Montella ma, dopo la prestazione di ieri, pienamente recuperato.

Non a caso Montella, che lo ha nominato capitano nella partita di domenica contro la Sampdoria, ne ha esaltato le qualità morali (“Zapata possiede spessore in termini di personalità e correttezza”) e lo ha difeso per l’errore che ha dato il via all’azione del rigore a favore di blucerchiati.

Zapata ha dimostrato ieri, con una prestazione generosa, fatta di molta sostanza e pragmatismo, di aver ben recepito il discorso sull’orgoglio fatto dall’Aeroplanino e di poter essere, nell’immediato, una risorsa di valore a disposizione del tecnico campano.

Due sole prestazioni all’attivo per il centrale colombiano in questo campionato, per complessivi 162 minuti giocati: uno score destinato a crescere, già da lunedì prossimo all’Olimpico contro la Lazio, in virtù delle certe assenze di Romagnoli e Paletta e sulla scorta delle stima pubblicamente espressa da Montella.

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GOMEZ

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Definito “il muro dai piedi ruvidi”, Gustavo Gomez è stato chiamato in causa da Vincenzo Montella per affiancare Zapata nel cuore della difesa rossonera in modo da rintuzzare gli sterili ma forsennati attacchi rossoblu al fortino rossonero.

Gomez, che ha sin qui totalizzato in campionato 11 presenze per 684 minuti giocati, ieri sera  si è perfettamente adattato al clima di battaglia e, fedele al suo stile concreto, ha messo in campo la grinta necessaria puntando al sodo e concedendo nulla agli avversari.

Difficile pretendere dal centrale paraguaiano le abilità tecniche, proprie di Romagnoli, per procedere all’avvio dell’azione: eppure è suo il rilancio a Deulofeu nell’azione del gol, segno tangibile, se non di eccelse qualità tecniche, di una decisiva presenza nell’azione rossonera.

Due suoi “muri” su Destro e Dzemaili hanno del resto evitato guai alla porta di Donnarumma: la gara tutta concretezza di Gustavo, bravo specie nei match dove occorre garantire fisicità in area di rigore (come accaduto nel derby contro Icardi), può dare a Montella le garanzie necessarie nei momenti di emergenza e in vista di una maggior utilizzo da qui al termine della stagione.

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POLI

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Ieri sera Vincenzo Montella, al termine della gara vinta a Bologna e di fronte a taccuini e microfoni, nel definire  “epica” la prova dei suoi ragazzi, certamente si riferiva anche alla prestazione di Andrea Poli, entrato nella ripresa al posto del solito spento Carlos Bacca per dare man forte ad una squadra in grave inferiorità numerica.

Le scarne presenze in campionato (9 complessive, di cui due sole da titolare per 313 minuti complessivi) non fanno di Andrea il centrocampista preferito negli schemi tattici del mister campano il quale tuttavia ieri sera non ha esitato a lodarne pubblicamente l’impegno, la serietà, l’abnegazione e lo spirito di sacrificio.

Andrea, seppur dolorante a seguito di uno scontro a centrocampo, ha resistito, corso, lottato, dimostrando l’orgoglio e l’attaccamento alla maglia così tanto evocati da Montella che lo ha additato come esempio positivo. Una prestazione monstre per Poli, finalmente destinato a scalare le gerarchie del tecnico milanista.

Dispiace che Andrea sia spesso associato, nella varie sessioni di mercato, ad altre società: è evidente come non si possa chiedere al centrocampista veneto quel salto di qualità che tanto servirebbe al Milan in mezzo al campo, ma il suo senso di appartenenza e la funzione di uomo spogliatoio, specie in un momento di transizione come quello che vivono i rossoneri, sono risorse da non sprecare.

Emblematica inoltre la sua capacità di stimolare i tifosi, manifestatasi ancora ieri sera negli ultimi cruciali minuti del match contro il Bologna: segno di un profondo amore per il Milan, un cuore rossonero che a Doha ha esultato come fosse uno dei protagonisti in campo sebbene invece costretto a vedere i compagni lottare, e simbolo di abnegazione in un Milan operaio ma tremendamente generoso e finalmente concreto.

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