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Ibrahimovic: “Obiettivo seconda stella. Champions? Noi ci crediamo”

Enrico Ianuario

Zlatan Ibrahimovic, attaccante svedese del Milan, ha rilasciato delle dichiarazioni ai microfoni di 'Sky Sport': ecco cosa ha detto

Intervistato da 'Sky Sport', Zlatan Ibrahimovic ha rilasciato delle dichiarazioni direttamente dal ritiro a Dubai.

Sul recupero: "Sto bene, sto migliorando. Sto seguendo il mio protocollo, ogni giorno che passa sto migliorando".

Sull'apporto alla squadra dalla panchina: "Quando ci sono le partite si vede molto che sono vivo in panchina. Sto provando ad aiutare la squadra in tutti i modi, ma quando non sei in campo non è facile. Ci sto provando in ogni modo a dare motivazione, adrenalina, spingendo i compagni a fare meglio soprattutto quando sbagliano. Ma la squadra sta facendo molto bene, al momento siamo secondi e siamo cresciuti tanto: quelli che erano giovani si sono assunti più responsabilità e sono diventati più maturi, mentre chi era qua quando abbiamo vinto sa cosa si deve fare per vincere ancora".

Sulla nostalgia per il campo: "Alla squadra manca Ibra e a Ibra manca la squadra. Manca tutto, quando sei in campo è tutta un'altra cosa: c'è l’adrenalina, il pubblico, l'odore del campo, i duelli. Manca sentirsi vivo dentro il campo. Non posso spiegare la sensazione che c’è in campo, quando si smette non c’è più quell’adrenalina che è difficile da trovare altrove. È tutto questo che mi manca, ma quando mi sono operato mi sono detto che devo avere pazienza perché poi la soddisfazione sarà ancora più grande e sarà tutto più bello. Al momento, però, serve solo pazienza".

Sulla decisione di operarsi: "Ho deciso di operarmi per la mia salute, per stare bene, non per giocare. Non stavo bene, negli ultimi sei mesi stavo veramente male e chi è dentro la squadra e lavora con noi sapeva quale fosse la situazione. Purtroppo non si poteva parlare di questa cosa perché la squadra era in una situazione delicata, potevamo vincere lo scudetto e soprattutto io non volevo che si parlasse di questa cosa per una questione di rispetto per me e per la situazione. Non volevo che qualcosa potesse disturbare la squadra in un momento così importante o potesse portare negatività. Abbiamo deciso poi con l’allenatore, il club e lo staff medico di fare l'operazione dopo l'ultima partita. A quel punto abbiamo fissato l'obiettivo, stare bene per poi riprendere a giocare a calcio".

Sul ritorno in campo: "Se fosse dipeso da me, sarei tornato per la prima partita di campionato. Ma purtroppo non è così, non c'è una data e nemmeno un obiettivo. Quando starò bene e sarò pronto, rientrerò. Ho già un'esperienza dopo il mio primo infortunio, a volte quando si fissano degli obiettivi poi non si è ancora pronti. Quando sarà ancora non lo so, ma l'importante è che sto seguendo tutti gli step per rientrare e rientrare bene, perché non voglio che si faccia giocare Ibrahimovic per quello che ha fatto in passato. Voglio portare risultati quando rientro, altrimenti vado in panchina o in tribuna".

Sul ritorno al Milan: "Dal primo giorno in cui sono tornato la squadra è molto differente. Quando sono arrivato non mi sembrava una squadra che voleva vincere lo scudetto o che era pronta a fare ciò che sta facendo oggi. La squadra di oggi, invece, ha voglia di fare, fame di migliorare e tutti hanno l'obiettivo di vincere. Prima non c'era un pensiero collettivo ma più individuale, ora tutti hanno l'esperienza di aver vinto e sanno cosa serve per farlo ancora. Se non vinci, è difficile. Il mister ha la sua filosofia, tu lo segui ma non vinci, e se non vinci perdi la tua credibilità. Noi invece abbiamo seguito la filosofia del mister e alla fine abbiamo vinto: in questo modo allora si ottiene una grande credibilità. Questa è la cosa importante, se si lavora e non ti torna qualcosa diventa difficile credere in quello che si fa, ora qui invece è entrato tutto ciò per cui abbiamo lavorato".

Sulla seconda stella: "È un obiettivo. In base alla mia esperienza penso che è bello avere un sogno, ma questa è una cosa differente. Questo è un obiettivo: si fa, non si sogna. Altri lo sognano, noi lo facciamo".

Sugli obiettivi: "Per me la sfida è fare sempre di più. Non sono mai soddisfatto, voglio sempre avere di più e fare di più. Ma la mia situazione adesso è differente, non è come dieci anni fa, quando l'ego era più grande. Adesso con la mia esperienza, con l'età e con la maturità, penso a dare indietro ciò che ho ricevuto, come è successo quando sono tornato al Milan. Ero il più vecchio di tutti, quello con più esperienza e non ero lì per prendere ma per dare a tutta la squadra, per aiutarla a migliorare collettivamente e individualmente. Il mio obiettivo oggi è ripetere quello che ho fatto per vent'anni, ma in un modo differente: non sto pensando di poter fare tutto da solo, perché da giovane è normale pensare così, adesso sono più realista e sono a disposizione del mister per essere usato in maniera differente. Accetto le scelte del mister anche se non vanno sempre verso la mia direzione, ma questo è normale".

Su Giroud: "Olivier è un grande e chi lo conosce lo sa. Per noi è stato fondamentale, troppo importante, soprattutto quando non riuscivo a giocare io. C'era lui che faceva il lavoro che mancava. Poi ha fatto bene, ha vinto e chi vince rimane nella storia. Come persona poi è fantastico: è un professionista, elegante e sempre disponibile. Quello che sta facendo per noi non è una sorpresa: lo sta facendo con il Milan, perché non dovrebbe farlo in Nazionale? Siamo felici per lui e speriamo possa continuare fino alla fine. Giroud è un professionista. È molto serio, come persona e come calciatore. E poi sono il suo idolo, anche se lui non lo dice. Sono il suo esempio, anche se non lo dice. Penso che sa già cosa deve fare per stare bene. Un calciatore, quando arriva a quell'età, o sa già cosa fare per continuare oppure smette. Lui è un grande professionista e questo va bene per la squadra, così i più giovani hanno anche un altro esempio. Guardano lui, Kjaer, oltre che me, e questo è importante".

Su Leao: "Leao per noi è molto, molto importante. È uno di quelli che sta facendo la differenza. È stato il miglior giocatore della Serie A l'anno scorso, sta bene. Facendo un'altra scelta, bisogna ricominciare da zero. Non è sicuro che uno sia pronto o maturo per questo, quando è arrivato qua non era un giocatore che faceva la differenza. Poi è cresciuto e adesso ha grande fiducia. Il mister gli dà anche grande libertà di fare ciò che vuole. Queste situazioni in un altro club non è che si verificano subito: dipende da te, devi crearle queste situazioni. Da noi invece sta bene, sorride sempre, anche prima di fare gol. Deve continuare a stare bene, questa è la cosa più importante. Per le cose extra-campo, purtroppo, noi colleghi possiamo fare poco, ognuno deve pensare al suo".

Sulle frasi per caricare i compagni: "Dipende dalla situazione. Ma queste cose sono segrete, non posso dirle, altrimenti qualcuno prende spunto. Cosa dico a Leao? Lui è differente. Quando sta facendo bene lo massacro, gli dico che non basta quello che sta facendo. Chi fa la differenza ha più responsabilità, più pressione. Ognuno ha il suo ruolo in squadra, da Leao ci si aspetta tanto, non solo fuori ma anche dall'interno. Bisogna in un certo senso manipolarlo: non è che quando sta facendo male succede perché è scarso, in quei casi si devono trovare dei punti che permettano di attivarlo ancora di più. Con lui quindi faccio un gioco contrario. Con gli altri poi dipende. Il mister aspetta nello spogliatoio e mi dà i miei minuti per sfogarmi, ma dipende dalle situazioni, non è facile o programmato".

Su un futuro da allenatore: "Ah, non lo sto già facendo? (ride, ndr). Comunque no, non ci ho pensato, sento che ho tanta responsabilità in questa squadra, sto aiutando la squadra fuori dal campo e dentro quando ci alleniamo, ma non posso dire che sto pensando a fare l'allenatore. Per il momento sto aiutando così, poi per un futuro da allenatore vedremo. Potrebbe essere ma potrebbe essere di no, perché c'è tanta responsabilità. E poi l'ho sempre detto: non è che se sei stato un grande giocatore con una grande carriera sarai anche un grande allenatore, è un'altra carriera e si inizia da zero. Non si hanno vantaggi perché si è Zidane, Ibrahimovic o Guardiola, bisogna iniziare da zero e fare un percorso step by step".

Sulla Supercoppa Italiana e la sfida con Lukaku: "No, per lui non ho messaggi. Spero che stia bene e che possa essere in campo, così come spero per me. Alla fine quello che vogliamo è essere in campo e giocare a calcio, anche se è difficile. Ma non ho messaggi, gli auguro il meglio. Pensare a lui non è un mio obiettivo, mi piace pensare a me. Quando sto bene io, gli altri hanno paura".

Sugli obiettivi stagionali: "Io credo in tutti gli obiettivi. Abbiamo la Supercoppa, il campionato, la Champions e pure la Coppa Italia. Bisogna essere concentrati su tutti gli obiettivi, perché tralasciarne uno significherebbe rilassarsi troppo. Noi invece puntiamo a tutti i trofei, poi secondo la mia esperienza, e ho vinto un po' di scudetti, dico che nella prima parte bisogna prendere più punti possibili, ma è la seconda parte quella decisiva. Quest'anno è anche un po' particolare, con questo Mondiale in mezzo a tutto e questa pausa lunga in mezzo al campionato. Vediamo, tutto può succedere".

Sulla lotta Scudetto con il Napoli: "Secondo me anche la Juventus sta tornando anche se ha fatto un inizio così e così. E poi anche l'Inter: secondo me questo non sarà un campionato deciso dalla qualità ma dalla condizione, chi starà meglio arriverà in alto".

Su alcuni avversari: "Kvaratskhelia sta facendo molto bene. Poi mi piace molto Amrabat della Fiorentina, forte forte. Gli altri sono già conosciuti".

Sul possibile record come miglior marcatore più anziano della Champions: "No, questa cosa non mi interessa. Questi record non mi danno qualcosa. Se possiamo vincere la Champions? Nel calcio a volte succedono cose che possono sorprendere. Non prendo l'esempio del Marocco, perché sapevo che era una squadra forte e lo sta dimostrando, ma ci sono cose che possono succedere che non ti aspetti. Come ho già detto, questo è un anno particolare. Noi ci crediamo, la mentalità è quella, è vero che altre squadre con cui abbiamo giocato, come ad esempio il Chelsea nei gironi, sono molto forti e hanno giocatori di un altro livello, ma noi l'anno scorso abbiamo dimostrato che con il gruppo e il collettivo si può arrivare lontano. Questa è la nostra qualità. Poi abbiamo giocatori che fanno la differenza e altri che sono cresciuti, come collettivo siamo molto molto forti. Siamo forti anche individualmente, ma lo siamo di più come collettivo. Tutto può succedere, noi ci crediamo e stiamo lavorando per questo".

Sul giocatore chiave nel futuro del Milan: "La squadra è giovane, al momento direi Leao, ma non è una sorpresa. Il suo potenziale si vedeva già quando sono arrivato, si aspettava solo che crescesse. Poi c'è anche Theo Hernandez che è cresciuto tantissimo e che ha la possibilità di vincere i Mondiali. Sugli altri, dipende molto dal livello. L'ho spiegato prima, come collettivo siamo molto forti. Individualmente, se devo prendere qualcuno, direi che De Ketelaere è forte ma bisogna dargli la possibilità di crescere e di capire il campionato e i compagni. Ma arrivare al livello di Rafa è difficile perché lui è sopra il normale. Quando Leao capirà quanto è forte, farà un altro step. Fa paura. Secondo me lui oggi non sa quanto è forte". Milan, in Germania sicuri: "Leao non vuole rinnovare".

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