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Milan, Ibrahimovic: “Qui per riportarci al top, perché dicono sia impossibile”

Stefano Bressi

MILAN NEWS - Intervistato per Sky da Ambrosini, ex capitano del Milan, ecco le dichiarazioni di Ibrahimovic, centravanti rossonero.

Ultime Notizie Milan: l'intervista di Ibrahimovic

MILAN NEWS - È la stella più luminosa in un Milan che sta diventando sempre più un cielo in una notte d'estate. Zlatan Ibrahimovic ha trasformato questa squadra e anzi, forse è la luna circondato da tante stelle. Ai microfoni di Sky e nello specifico dell'ex capitano rossonero Massimo Ambrosini, lo svedese classe 1981 si è raccontato nella cornice di Milanello, svelando aneddoti e curiosità, ma rimanendo sempre lucido e focalizzato sul lavoro e sugli obiettivi. Ecco le sue dichiarazioni. Tutto inizia così: "Io sto nella camera del Boss, di Berlusconi. Tu hai bei ricordi qui no?"

Sull'ambiente Milan: "L'effetto che mi dà Milanello è che mi sento a casa, seriamente. Quando sono qua faccio tutto ciò che bisogna fare, ma non ho fretta di andare a casa perché sono già a casa. Prendo tempo, faccio le mie cose... Ero 10 anni fa qua con voi, grandi giocatori... Non ricordo come giocatori, ma le facce... Il primo giorno abbiamo fatto tanto. Mi ricordo qualcosa del record di forza... Senza riscaldamento, niente, nella pressa. Era bello perché la settimana prima avevamo giocato contro in amichevole e dopo una settimana ero con voi. Tutti mi dicevano di venire con voi, che eravate venuti a prendermi. C'era Galliani che era carico. È venuto a casa mia a Barcellona, si è tolto la giacca e ha detto che non si sarebbe mosso a meno che non fossi tornato con lui a Milano. Mia moglie chiedeva chi fosse e ho detto una persona importante. Io ero contento, a Barcellona era un momento così e così. C'era una situazione delicata... Non ho mai ricevuto risposta su quale fosse il vero problema. Se c'erano problemi si risolvevano. Siccome non me l'hanno detto, allora ho risolto io andandomene. Poi c'era il Milan e altre squadre, però conoscevo la città e poi un grande club... Se il Milan ti vuole, ti stimola, significa qualcosa. La squadra era fortissima, c'erano tanti stimoli. Speravo di vincere qualcosa. Anzi non speravo, sapevo".

Sull'esperienza al Milan: "Quando la gente mi parla contro mi carica, mi dà energia, mi dà adrenalina. Per dimostrare che non è come dicono. Si lavora e si dimostra in campo. Se ho vinto con Juve e Inter, potevo vincere anche col Milan".

Sulla situazione attuale: "Ora la situazione era diversa, è un'altra sfida. Riportarlo dove deve essere. Tutti dicevano fosse impossibile, queste cose mi caricano. Mi piacciono queste sfide. Se riesco a fare una cosa così è meglio di giocare in una squadra già top in cui la storia continua semplicemente. Qui bisogna riportare il club al top e far capire cosa significa essere al top. Se avessi avuto paura non avrei firmato. Come al Manchester United, dicevano che ero vecchio e che il ritmo era alto. Io faccio il contrario di quello che tutti dicono".

Se è cambiato: "Io sono molto diverso da prima. Andavo a duemila, potevo fare dieci volte di più le cose che faccio oggi. Prima tornavo a prendere palla e portarla su. Oggi se vado basso non aiuto poi sotto porta perché perdo energia. Dieci anni fa con quei giocatori mi doveva arrivare perfetta. Non andava bene se sbagliavano. Ora è un'altra squadra, per questo lo accetto di più. Tu non eri positivo per quest'anno e io ti ho detto che ci pensavo io. 10 anni fa c'erano personaggi che avevano più personalità, più caratteri. Era un altro ego, però oggi faccio uguale e forse di più perché ho altra esperienza. Se vedo uno che non ce la fa, cambio strategia. Prima trattavo tutti allo stesso modo. È il mio modo di essere, se io cambio non esce il vero me. La persona non deve cambiare, si cambia tatticamente. Da giovane sei più rock n'roll, ora capisco più la situazione che c'è al momento. La pressione la metto ancora, un passaggio sbagliato non lo accetto, chiedo tanto, se non ti alleni bene ti dico qualcosa. I compagni dicono che se sbagliano mi arrabbio, è vero. Dipende da come sei tu e come la prendi, se tu ti rilassi in allenamento, ti rilassi anche in partita. Forse per i brasiliani è diverso, si allenano tranquilli e giocano bene. La squadra ha capito, mi ha detto che mi seguono".

Sul vecchio Milan: "Con voi bisognava solo trovare l'ultima adrenalina, eravate già al top. Bisognava trovare stimoli individuali, avevate vinto tutto. Ci sono tanti che smettono, noi per trovare l'adrenalina ci si caricava a vicenda. Seedorf è uno dei più forti con cui hai giocato, ma aveva anche un carattere... Rispondeva, mi caricava. Non dico che ho sempre ragione io, poi si discute. Quante volte ti ho ammazzato in campo? (ride, ndr) In partitella ho il 95% percento di partitelle vinte. Non è vero che mi battevi, chiediamo agli altri. Nello spogliatoio era una guerra poi".

Su come sta: "Sto bene, ho un po' freddo, ma sono 'grosso'. Mi sto allenando tanto. La domanda più importante a questa età è come sto fisicamente. Più va avanti l'età, più si cala. Ma io sono molto meglio di prima. Più passano gli anni, più un giocatore cambia. Anche su come gioca. In squadro abbiamo un misto di giocatori noi, mi piace".

Sul Milan di oggi: "Abbiamo un buon equilibrio, Pioli ha trovato il modo per farmi dare il massimo per aiutare la squadra. Chiede a me, come chiede agli altri. È normale che voglio giocare sempre, ma ogni tanto gli dico che forse è meglio riposare. Lui mi dice di giocare solo 45'. Io faccio ciò che dice, ho una responsabilità anche nei confronti dei compagni. Sento tanto il senso di responsabilità, mi piace".

Dove può arrivare la squadra: "Ha tanta fame e voglia. Stiamo facendo bene, non ci sono sogni o obiettivi. Giochiamo una partita alla volta. Io ce l'ho il mio obiettivo, ma per la squadra come collettivo è fare il meglio possibile. Meglio dell'anno scorso. Non parliamo di dove dobbiamo arrivare. Una partita alla volta. La squadra è molto giovane, non hanno mai vinto qualcosa. Secondo me non hanno questo pensiero degli obiettivi. Ora non bisogna rilassarsi e pensare sia tutto ok. Bisogna continuare, non bisogna mai essere soddisfatto. La partita prima non è importante per la prossima. Tu sei forte come l'ultima partita, non come quella prima. Nessuno se la ricorda quella prima. Noi non siamo Inter o Juve, noi siamo una squadra giovane. C'è chi non è pronto per giocare tutte le partite, chi gli manca qualcosa... Se vogliamo qualcosa dobbiamo vincere. Un conto è giocare, un altro è vincere per arrivare a un obiettivo e non sono abituati. Se c'è una partita e dobbiamo vincere per forza non siamo abituati, è successo quando abbiamo giocato per entrare in Europa League. Hanno poca esperienza, non sono abituati a giocare per vincere. Per quanto abbiamo dimostrato finora, penso che il Milan possa stare in Champions. Ho giocato otto mesi qui e penso di sì. Non è solo qualità e talento però, è tutto il sacrificio e il lavoro che fai. La disciplina, i dettagli fanno la differenza".

Cosa succede se trova sempre chi dice sì: "Non mi piace. Sembra che sono un boss, ma non è così. Io sono me stesso e si discute. Non va bene avere persone che dicono sempre sì e non esprimono le loro opinioni. È importante. Il confronto è importante. The Last Dance mi piace. Chi ha giocato con me dice che non è facile giocare con me, quando è uscito Last Dance ho pensato che è l'esempio perfetto. Mentalità vincente, si fa tutto per vincere. Io non dico che sono Jordan, è il modo di lavorare. Mentalità per vincere, mentalità differente. Metto pressione, chiedo tanto e non accetto un pallone sbagliato. Se siamo a questo livello, se siamo al Milan devi vincere. Ti portano qui per vincere. Io faccio tutto per vincere. Quando fai qualcosa bene è normale nel mio mondo, se non lo fai bene non devi essere qui. Se sbagli, non va bene".

Se si rischia di esagerare nelle pretese: "Sono ancora qui, ho vinto quello che ho vinto, c'è un motivo. C'è tanta pressione a questo livello e non tanti riescono a starci a lungo. Io ci sono stato in tutta la mia carriera. Qualcuno lo prende male, qualcuno bene. A questo livello o mangi o vieni mangiato. Io ho scelto di mangiare".

Cosa fare quando smetterà: "Non lo so, ho due figli. Metto pressione anche a loro. Disciplina. Secondo me devono capire come funzionano le cose. Disciplina, rispetto e sacrificio. Lavorare tanto. Piccoli dettagli che ti costruiscono. Non penso che farò l'allenatore. Essere allenatore è stressante, soprattutto quando sei stato un calciatore e poi sei fuori dal campo a dare comandi a giocatori per fare cose che tu hai fatto e loro non riescono a fare. Troppo stressante. Non lo so, non dico no, non dico sì".

Quanto giocherà ancora: "Finché posso gioco. L'importante è stare bene. Quando si è più vecchi, si parla solo di fisico. Totti se stava bene fisicamente, continua. Vale per tutti. Non manca qualità. Se uno è in condizione fisica per giocare a calcio ce la fa. Quello è importante, la qualità è impossibile da perdere. È tutto se ce la fai fisicamente o no. Non rendersene conto è ego, non accettano che è finita, che non ce la fanno a fare quello che facevano prima. Avere una sensazione diversa di se stessi è ego. Pensare che sei più forte e ce la fai, non sei realistico. Io non ho ego, sono realista. Sono andato in America perché volevo iniziare da zero, pensavo di non farcela. Ho detto a Mou di non convocarmi. Ero realistico, sapevo di non essere quello di prima. Però dopo due anni mi sentivo vivo, allora sono tornato per vedere se ce la facevo. Ho firmato sei mesi per questo. Tutto sta nei risultati in campo, anche se hai fiducia. Non conta neanche quello che dice la gente, però bisogna essere realistici. Io sono realista. Il resto è ego".

Come stava quando è arrivato: "Quando sono arrivato non giocavo da due mesi. Lì è un altro gioco, ci vuole un po' per entrare nel ritmo. A fine stagione Pioli mi ha chiesto cosa volevo fare e ho detto no. Volevo smettere. Pensavo alla famiglia, che è più importante. La mia famiglia è in Svezia, io sono qui da solo. Pioli ha detto che mi rispettava e andava bene, il giorno dopo mi ha richiamato e mi ha detto che non è così semplice. E mi ha detto che dovevo rimanere, perché sarebbe stato diverso senza di me. Lì ho detto che ho avremmo visto... Il contratto non è importante economicamente. Mi serve solo il rispetto e i valori. Il fatto che l'asticella si sarebbe alzata mi stimolava. Ho detto subito che la sfida era bella. Sono arrivato anche a un momento in cui non volevo avere rimpianti per dire che dovevo continuare. Allora ho chiamato Mino e ho detto di chiudere tutto. Ho chiamato la mia famiglia e ho deciso di andare avanti, ma quando era finito il campionato io gli avevo detto che non ci sarei stato quest'anno".

Sul suo futuro: "Dicevo sempre che dovevo smettere al top e allo United ho pensato che forse dovevo smettere. Al momento dell'infortunio avevo 35 anni. Poi sono tornato e ho capito che dovevo continuare. Perché mi volevo sentire vivo e io senza calcio non sono nessuno. Quando smetti di fare ciò che hai fatto per 25 anni è difficile, non ho paura, ma non so cosa mi aspetta. Ora non smetto, sto troppo bene. L'anno prossimo continuo, qui o altrove. Io non voglio stare qui perché sono Ibrahimovic, ma perché porto risultato. Ho firmato per sei mesi perché non sapevo come stessi fisicamente. Ora sto bene".

Su Milano: "Mi manca la mia famiglia, è la prima volta che sto senza la mia famiglia. Però ho i miei obiettivi e per questo riesco a stare anche con la famiglia lontana. Ho un obiettivo sportivo che mi porta a sopperire a questa mancanza. A Milano sto bene. Quando sono arrivato era una Milano più bella di dieci anni fa, più internazionale. Poi è arrivato il Covid e mi dispiace, perché la città soffre senza turisti. Ho visto il Duomo per la prima volta dopo 8 anni, con te. L'importante è che il Duomo vede me, non che io vedo il Duomo".

Sul suo girovagare: "Non mi interessa. Io faccio la storia. Non seguo storie".

Sull'intervista: "Troppo facile, troppo tranquilla. Mi piace con più casino, mi piace che mi attaccano. Mi serve adrenalina. Non posso prendere più neanche a scarpate, sono un esempio (ride, ndr)".