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Inzaghi: “Atene la gioia più grande. Sogno Milan-Lazio in finale”

Stefano Bressi

Filippo Inzaghi ha parlato del momento rossonero, augurandosi che il Diavolo possa ripartire dalla città che gli evoca i migliori ricordi.

Nel cuore e nella testa di ogni milanista c'è un'immagine indelebile: Filippo Inzaghi in ginocchio sul prato di Atene, con la schiena incrinata e il volto urlante rivolto verso il cielo. Niente paura però, quell'immagine è dovuta sì a qualcosa di paranormale, ma di bellissimo: due gol di Super Pippo in finale di Champions League. Dopo dieci anni Inzaghi quella notte se la ricorda ovviamente ancora perfettamente e quando ne parla è come se entrasse in una seduta ipnotica, tornando in campo, scrive La Gazzetta dello Sport. Sembra che ancora non ci abbia fatto l'abitudine. Sono, senza ombra di dubbio, i suoi due gol più importanti. Oggi per la prima volta il Milan torna ad Atene, dove nel 2007 ha vinto l'ultimo titolo internazionale dell'era Silvio Berlusconi e dove nel 1994 alzò un'altra Coppa dei Campioni. A Inzaghi fa un po' strano, mentre Vincenzo Montella probabilmente pagherebbe per avere Super Pippo in rosa. Lui, però, da Milanello è come se non se fosse mai andato: è un'entità che si aggira negli spogliatoi. Non a caso qualche settimana fa Montella ha chiesto ad André Silva di "inzaghizzarsi". Inzaghi ha parlato del mondo Milan del ritorno ad Atene e di tanto altro. Ecco le sue parole.

Sul Milan ad Atene: "Quando penso a quello stadio penso a qualcosa di straordinario. Io non sono più tornato ad Atene e mi auguro di poterlo fare, ovviamente da allenatore. Sarebbe una grande emozione. Mi auguro porti fortuna al Milan e che da lì possa ripartire per tornare in alto".

Dalla finale di Champions all'Europa League: "L'habitat del Milan è la Champions, ma il presente impone di ripartire dall'Europa League. Occorre affrontarla a testa alta e senza fare gli schizzinosi. Ha deciso tutto la classifica. Poi io ho un sogno per questa Europa League..."

Il sogno: "Una finale Milan-Lazio, che coinvolgerebbe i miei affetti familiari e calcistici. Mio fratello e il Milan, sarebbe il massimo".

Se il Milan può arrivare in fondo: "Sì, ha un organico importante e quindi bisogna almeno provarci. Anche se quando si cambia molto serve comunque tempo".

Sui ricordi ad Atene: "Mi è rimasto impresso il campo, davvero bello. E il tunnel che porta al campo. Non finisce mai, ci vuole una vita per sbucare fuori. Gli spogliatoi, grandissimi. Ma credo che una finale di Champions amplifichi tutte le sensazioni. In realtà non mi piacciono gli stadi con la pista di atletica, mi piace sentire la gente addosso. Ma per me è e resterà lo stadio più bello del mondo".

I flash di quella notte: "L'invasione di campo di mio papà e mio fratello, il taglio della torta con Berlusconi, la coppa che ho portato dagli spogliatoi al pullman e... il rammarico per non averci dormito insieme. Anche se dormire è una parola grossa... La prima notte ho dovuto prendere un sonnifero e nelle successive dieci, giuro che non sto scherzando, non ho chiuso occhio. Pensavo sempre di sognare. Poi vedevo sul comodino la targa di miglior giocatore della partita e capivo che era tutto vero. A quella targa tengo da morire. Qualche tempo fa mi hanno rubato in casa a Milano ed è stata la prima cosa che ho cercato. Potevano prendermi tutto, ma non quella. Per fortuna non l'hanno presa".

Sul ballottaggio con Gilardino: "In realtà il giorno prima Ancelotti mi ha preso da parte e mi ha detto che avrei giocato io. Però ero mezzo stirato, non stavo benissimo. Quindi avevo addosso una pressione enorme. Pensavo che se nella prima ora di gioco non avessi combinato nulla mi avrebbe aspettato una sostituzione inevitabile".

Sulla vigilia e Berlusconi: "Stavo pranzando, quando mi chiamarono al telefono. Era Berlusconi. Non ricordo se pronosticò i due gol o se mi fece promettere di farli, fatto sta che li ho fatti. Pazzesco".

Sui gol: "Il primo è stata fortuna. Il secondo penso sia l'emblema di una carriera intera. Non ho mai esultato così, mai provato un'emozione del genere. Sono stato a un passo dal piangere, ma non potevo perchè bisognava ancora giocare".

Su Montella e il rischio di pianto: "Con Vincenzo ci siamo giocati la classifica marcatori nel 1996/97, io ero a Bergamo e lui alla Samp. L'ho spuntata io. Siamo stati compagni in Nazionale... Gli auguro il meglio".

Sul Venezia: "Stiamo facendo molto bene anche contro le più forti. Ci fa ben sperare. Con forza, organizzazione e ferocia si può fare un bel campionato. La fortuna di un allenatore è trovare un club e una squadra che ti seguono. Io li ho. Nessun tecnico dipende solo da se stesso".

Sull'anno in panchina al Milan: "Non ho rimpianti. Semplicemente occorre trovarsi al posto giusto al momento giusto e mio fratello alla Lazio ne è la prova migliore. Al Milan ho gestito un gruppo complicato in un momento difficile. Mi ha fatto capire che posso fare questo mestiere".

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