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Tommasi: “FIGC, bisogna rinnovare non solo a parole”

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Il presidente dell'Associazione Calciatori, Tommasi, parla del futuro della FIGC e di una sua possibile candidatura come presidente.

Stefano Bressi

Il futuro della FIGC è in bilico. A breve verrà eletto il nuovo presidente e tra i papabili c'è anche Damiano Tommasi, attuale presidente dell'Associazione Calciatori. Intervistato dal Corriere della Sera, l'ex Roma ha parlato così di una sua possibile candidatura e della situazione generale della FIGC. Ecco le sue parole.

Su Totti che l'ha proposto come presidente: "Francesco è un amico, ma considerando la situazione non so più quanto... Al di là delle battute, sono contento che ci sia stima nei miei confronti e che molti mi considerino l'uomo del rinnovamento".

Se pensa di scendere in campo: "Ne abbiamo parlato all’interno dell’Associazione. Però non può essere una mia scelta. Nessuno si autocandida. E poi ci sono tanti ex calciatori che lo potrebbero fare. Stringendo, direi che è prematuro. Contano più altre cose".

Cosa conta di più: "Il programma. Bisogna rinnovare, non solo a parole"

Perchè il calcio italiano è in difficoltà: "Perché ha perso di vista l’essenza del gioco, cosa significa fare sport. L’aspetto sportivo troppo spesso passa in secondo piano rispetto a quello politico. Bisogna tornare alle origini".

FIGC col commissario, favorevole o no: "Dipende dalle condizioni. Se si può fare, può anche essere una soluzione. In questo momento però mi sembra che non ci siano gli strumenti giuridici. Inoltre, l’eventuale commissario non potrebbe cambiare da solo le regole, ma costituire le fondamenta per una nuova Federazione".

Se va rivisto il peso delle componenti del consiglio federale: "Certi equilibri si possono modificare solo cambiando lo statuto e non è facile. Credo che sia più importante il buon senso. Se una delibera riguarda la serie C, l’ultima parola dovrebbe spettare alla Lega Pro. Ora non è così…"

Un esempio: "Le rose da 25 giocatori, che non volevamo. Un provvedimento passato a maggioranza grazie ai Dilettanti che non sono interessati alla questione".

Cosa serve: "Un ampio consenso. E su quello, ora che c’è la data dell’elezioni, dovremmo ragionare. Per cambiare davvero, con raziocinio e nel profondo. Ma per farlo, ciascuno di noi deve prima fare un passo indietro"

Di cosa ha bisogno il calcio italiano: "Che il gioco torni al centro dell’attenzione, che si rilanci il settore giovanile dai Dilettanti sino alla A, che si lavori in modo univoco. Non c’è collaborazione tra le varie categorie".

Gli errori di Tavecchio: "L’ho detto a lui prima che a voi. Dal punto di vista tecnico ha gestito malissimo il post Svezia. Bisognava avere il coraggio di presentarsi in sala stampa dopo essere usciti dal Mondiale. Dal punto di vista politico, invece, ha sempre e solo lavorato preoccupandosi di ottenere la maggioranza".

Se fosse entrato il palo di Darmian non sarebbe successo nulla: "Probabile. Ma non tutte le sconfitte sono da maledire. Alcune ti aiutano a guardarti dentro. Se usi un trucco troppo pesante, finisce che non vedi le rughe. Purtroppo la verità è che in Italia riusciamo a cambiare solo in presenza di fatti traumatici".

Sulla rottura tra anime tecniche: "Non era mai capitato ed è la spia di dove stavamo andando. Ma credo che ricucire non sia un problema. Loro si sono allontanati, ma la discussione senza coinvolgere gli allenatori non avrebbe senso".

Se è pronto a dialogare con i dilettanti: "Con chiunque metterà il calcio al centro del progetto. Bisogna parlare di contenuti e non di fuffa".

Su chi lo accusa di non accettare compromessi: "Ho abbandonato il tavolo quando non c’erano margini di trattative. In certe situazioni la controparte mi ascolta solo quando minaccio lo sciopero. Ed è triste".

Cosa non deve succedere affinchè si cambi: "Non possiamo ripresentarci con le stesse idee e pensando al proprio orticello. Serve uno scatto in avanti. Il bene collettivo prima di quello della singola componente. Sembra facile, non lo è".

Se i calciatori dovrebbero stare al centro della scena: "Non solo lo penso, ma ne sono sicuro. Noi possiamo aiutare il calcio a diventare un posto migliore".

Sul fare il sindacalista tra milionari e chi fa fatica a sbarcare il lunario: "È difficile e appassionante al tempo stesso. Mi danno forza i ragazzi che lavorano con noi e che si dannano per aiutarci".

Le urgenze dei calciatori: "Soprattutto la solidità finanziaria dei club. E non parlo solo di quelli della serie A. Servono regole certe e chiare anche per chi vuole affacciarsi nel nostro mondo. In troppi, adesso, si infiltrano approfittando delle zone d’ombra".

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