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Paolo Berlusconi: “Silvio addolorato: avrebbe voluto cedere il Milan ai milanesi”

Paolo Berlusconi
Paolo Berlusconi rivela: “Nessun imprenditore italiano si è fatto avanti”. Ad Arcore, dove si continua a parlare di Milan, “'c'è fiducia in Yonghong Li”

Daniele Triolo

'La Gazzetta dello Sport' ha intervistato Paolo Berlusconi, ex vice Presidente del Milan e fratello di Silvio, colui il quale, dopo 31 anni conditi da 29 trofei, ha passato di recente la mano cedendo il club ai cinesi. Queste le dichiarazioni più interessanti di Paolo Berlusconi sul closing ma non solo:

Sulle dinamiche della cessione del Milan ai cinesi: “Sapevamo che prima o poi il closing si sarebbe concretizzato, ma in realtà non si può ritenere di essere mai davvero preparati di fronte ad uno scenario del genere. Non dopo 31 anni. Mio fratello è molto addolorato, il Milan è sempre stata una questione di cuore e non di affari. E' la sua creatura. Lungo gli ultimi mesi ho visto farsi strada in lui nello stesso momento la convinzione di dover vendere e il dispiacere per doverlo fare. E più aumentava la convinzione, più aumentava il dispiacere. I giorni dell'intervento al cuore, lo scorso giugno, hanno giocato un ruolo importante: dopo l'operazione ci ha mandato un videomessaggio in cui diceva che da quel momento avrebbe avuto più tempo per la famiglia. Lì abbiamo capito, e la conferma è arrivata nelle nostre successive riunioni familiari del lunedì ad Arcore, che finivano con il via libera alla vendita. La famiglia non l'ha mai obbligato a fare nulla. Anzi, gli è stato detto più di una volta che se avesse voluto tenere il Milan avremmo continuato a sostenere economicamente il club nonostante sarebbe stato complicato. Ma in lui ha prevalso la razionalità. D'altra parte, fino a quando gli utili di Fininvest sono stati di un certo tipo, i sacrifici economici sono stati compatibili. Oggi, invece, sarebbe immorale usare in funzione di un bene di lusso gli utili di un'azienda che dà lavoro a migliaia di persone. Ecco perché la ragione ha dovuto prevalere sul cuore. Un'altra cosa, però, ha addolorato mio fratello: non aver consegnato il club ad un imprenditore milanese o, quantomeno, italiano. Non si è fatto avanti nessuno ed è un peccato, perché in quel caso credo avessero potuto esserci delle agevolazioni nell'acquisto. Invece, ho sentito dire che sarebbero stati soldi di mio fratello da far rientrare: ridicolo”.

Sulle sensazioni provate da Barbara Berlusconi per la cessione: “Lei ha portato gioventù e freschezza nel club, è a lei che si deve 'Casa Milan'. Poi c'è stato il dualismo con Adriano Galliani, dovuto più che altro ai caratteri: Silvio li ha convocati e fatti ragionare. Barbara ha sofferto per la cessione, ma anche lei, con grande onestà intellettuale, si è resa conto che a queste condizioni occorreva andare fino in fondo”.

Da Bee a Li, i motivi del Milan agli imprenditori orientali: “La prima ipotesi era cedere una quota di minoranza, ma evidentemente Mr. Bee era il cavallo sbagliato. Il progetto industriale era valido ed interessante, però è mancata l'aggregazione degli investitori. Yonghong Li è rimasto solo? Matti che investono centinaia di milioni senza un progetto e senza garanzie non ne ho mai visti. Lasciamo che il tempo faccia giustizia dei timori. Mr. Li ha perso i soci per strada a causa delle restrizioni cinesi. Adesso che ha in mano il Milan potrà muoversi con più calma e troverà senz'altro dei partner. Ai tifosi dico di stare tranquilli perché la sua, a differenza di Silvio, non è un'operazione di cuore, ma di business. Ed è proprio questa la garanzia. Inoltre mio fratello ha preteso nel contratto garanzie di investimenti cospicui. Ed è una tranquillità anche la presenza di Elliott: se qualcosa andasse storto, il fondo garantirebbe una soluzione. E' interesse anche loro. Ritardi nel closing? Sono stati imbarazzanti sia per Fininvest sia per gli acquirenti. Ma ora la strada mi pare segnata: Li ha obblighi di investimento e l'approdo naturale è la quotazione in una Borsa cinese. E' il punto d'arrivo evidente”.

Sulla possibilità che Silvio riprenda in futuro il Milan: “In 31 anni mio fratello ha vinto tutto e scritto pagine di storia. Perché mai dovrebbe tornare a investire centinaia di milioni per provare a vincere qualcosa che è stato già vinto? Sarebbe solo cronaca: la storia è già stata fatta. Rimarrà semplicemente un gran tifoso, come me e Galliani, a cui va un grande applauso. In questo passaggio di consegne è stato ineccepibile. Una cosa, però, alla nuova proprietà vorrei chiederla: mi piacerebbe che tenessero in vita il Trofeo Berlusconi, sarebbe un bell'omaggio”.

Sul rifiuto del Cavaliere alla presidenza onoraria del club: “Si è informato per capire se avrebbe potuto dialogare con l'allenatore, magari dare indicazioni. Gli è stato risposto di no, ed ha preferito dare un taglio netto”.

Sugli allenatori avuti da Berlusconi: “Con Fabio Capello e Carlo Ancelotti c'era una condivisione di vedute che in questo decennio non c'è più stata. Non ho visto più la stessa affezione. Con Vincenzo Montella c'era una gran stima, ma anche idee diverse sui ruoli. Soprattutto su Suso. Il suo ragionamento è: 'Sono il Presidente che ha vinto più di tutti, se suggerisco qualcosa ascoltami e magari provalo. Poi vediamo come va'. Avrebbe tenuto Brocchi se non ci fosse stato il 'no' dei cinesi. Lo considerava un figlioccio e vedeva una potenziale intuizione come Arrigo Sacchi. E' stato molto vicino anche ad Antonio Conte, prima del passaggio al Chelsea”.

Sulla passione di Silvio per i colori rossoneri: “La politica, in realtà, non gli piace: gli dà sofferenza. Adora invece tutto ciò che riguarda il pallone. Pensi che quando avevo 16 anni mi portò a fare un provino per l'Inter. Il massimo, però, è quando parla di Milan: gli brillano gli occhi. Sarò sincero: nelle riunioni familiari del lunedì, il Milan è sempre stato il primo e l'ultimo argomento. Anche nei momenti più caldi dal punto di viste delle altre attività aziendali, il Milan ha la precedenza. A volte, mentre si sta parlando di altre cose, anche molto serie, lui ferma tutti e per qualche minuto si mette a disquisire di tattiche e formazioni: e guai a chi lo interrompe. Ora Arcore è un po' più triste, ci vorrà del tempo per la consapevolezza che il club non è più della famiglia. Sono certo che lunedì, alla prossima riunione, il primo argomento sarà ancora il Milan”.

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