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NOCERINO: “Mihajlovic? Non ho rancore: può arrivare terzo”

Antonio Nocerino Milan
Antonio Nocerino ha rilasciato una lunga intervista a gazzetta.it

Gianluca Raspatelli

Antonio Nocerino ha rilasciato una lunga e interessante intervista a gazzetta.it.

L'ex Milan è pronto a partire: "Le valigie sono pronte. Ho appena fatto il visto per gli Stati Uniti: in settimana sarò a Orlando, poi mi raggiungeranno i miei figli e mia moglie Federica. Lei parla benissimo inglese, io l’ho studiato ai tempi del West Ham: non ci saranno problemi con la lingua. Non vedo l’ora di giocare in MLS e sfidare Giovinco, Pirlo e De Jong"

Su Kakà e la Mls: "Ricky è un amico e sono felice di ritrovarlo. La sua presenza è stata un stimolo in più per accettare. Un campione come lui testimonia le ambizioni del club. Il soccer e l’MLS sono in grande crescita: il livello del campionato si è alzato moltissimo negli ultimi anni. In Italia non mi hanno cercato con la stessa convinzione. Da tempo sentivo il desiderio di affrontare un’esperienza all’estero".

Sul nuovo numero: "Sono devoto a Padre Pio e volevo il 23 (il 23 settembre si celebra San Pio, ndr), ma non è libero. Prenderò il 22 che mi ha portato fortuna al Milan. In qualche modo mi sembrerà di restare legato ai rossoneri".

Sul Milan: "Sono convinto che ce la farà per il terzo posto. Il Milan deve tornare a casa sua, in Champions: tifo per i miei ex compagni. C’è un grande gruppo, unito e composto da ragazzi d’oro. Con tanti giovani italiani come Donnarumma, Antonelli e Bertolacci che diventeranno delle bandiere. Le vittorie si costruiscono con spogliatoi uniti e con uomini veri, al Milan ci sono. Per questo tornerà in alto".

Sui pochi minuti giocati quest'anno: "Non ho rancore, anche se ho giocato appena 65 minuti in campionato e una mezz’oretta in Coppa Italia. Io mi sono sempre comportato seriamente e da uomo. Pur non giocando, mi sono messo a disposizione dei compagni e dell’allenatore. Non ho rimpianti. Il tecnico ha fatto le sue scelte.

Sull'esperienza al Milan: "Quando scendevo in campo con la maglia del Milan mi sentivo invincibile. Era un’armatura. Sono rimasto innamorato di quei colori che mi hanno regalato emozioni uniche. Da semi-sconosciuto sono diventato idolo e protagonista in uno dei club più importanti del mondo. Se ripenso al coro che mi hanno dedicato i ragazzi della curva mi vengono ancora i brividi: mi hanno fatto sentire un campione, manco fossi Pelè…".

Chi gli ha scritto prima di partire: "Boateng. Con Prince c’è un legame profondo. È un ragazzo eccezionale e sarà molto importante per il Milan. È uno dei pochi amici veri che ho nel calcio insieme a Di Natale, Quagliarella e Darmian".

Sul Napoli: "La squadra di Sarri sta facendo cose straordinarie. Sono napoletano e tifoso, perciò dico Napoli per lo scudetto. Il cuore mi suggerisce così".

Sulla Juventus: "Ho tanti amici alla Juve: se superano l’ostacolo Bayern, possono arrivare nuovamente in fondo alla Champions. Tricolore a Sarri e coppa ad Allegri: credo sarebbero felici tutti".

Su Zeman: "Gli devo tutto. Arrivavo dalla Berretti della Juve, ero un signor nessuno. Mi ha lanciato in B ad Avellino a 18 anni e fatto diventare calciatore".

Su Iachini: "A Piacenza mi ha trasformato in mezzala da centrocampista centrale che ero, dando la svolta alla mia carriera. Ancora oggi lo sento spesso: si è creato un rapporto di amicizia fra le nostre famiglie".

Su Delio Rossi: "Con lui mi sono affermato in Serie A col Palermo. I suoi consigli sono stati fondamentali".

Su Allegri: "Mi ha voluto fortemente al Milan e trasformato in un calciatore di livello internazionale. Al mio arrivo a Milanello ero stato accompagnato da etichette e pregiudizi: Allegri mi ha dato subito fiducia e fatto sentire importante, nonostante fossi arrivato in uno spogliatoio pieno di campioni. Con lui sono migliorato negli inserimenti offensivi. Quell’anno, infatti, ho segnato 11 gol".

Sulla diceria che i suoi gol fossero merito di Ibrahimovic: "Su di me ne ho sentite tante, troppe. In Italia ti appiccicano addosso delle etichette e fai fatica a far capire alle persone la realtà. Sicuramente giocare al fianco di campioni come Ibrahmovic, Cassano e Boateng mi può aver facilitato. Ma non mi sembra che tutti siano andati in doppia cifra, evidentemente qualche merito ce l’avrò avuto anche io. Almeno nello sfruttare al meglio i loro assist e nel capire i loro movimenti...".

Su Donadoni: "Ho scelto Parma per lui, pur sapendo che non avrei guadagnato un soldo. Attraversavo un momento difficile: nel giro di un mese avevo perso mamma e papà, il calcio era diventato l’ultimo dei miei pensieri. Stavo pensando di smettere. Il mister mi è stato vicino e mi ha aiutato a ritrovare la gioia di giocare a calcio. Donadoni e il suo staff sono stati una famiglia. A Bologna sta facendo grandi cose e gli auguro il meglio".

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