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Marco Simone: “Leao, non fare l’errore di Piatek. Rebic può essersi sbloccato”

Marco Simone, 75 reti nel Milan (credits: GETTY Images)

Marco Simone, ex attaccante del Milan, ha parlato in diretta su Instagram con il giornalista di Milan TV Mauro Suma: queste le sue parole

Alessio Roccio

NEWS MILAN - Marco Simone, ex attaccante del Milan, ha parlato in diretta su Instagram con il giornalista di Milan TV Mauro Suma: queste le sue parole.

Sul suo addio al Milan: "Feci le mie fortune al PSG e vinsi ancora molto, ma forse ripensandoci oggi a 50 anni col senno di poi sarei potuto rimanere in quella gloriosa squadra".

Sull'esonero di Tabarez: "Forse in quel momento storico il ritorno di Sacchi è stata una cosa un po' negativa, forse è stata sbagliata per noi in quel momento come scelta".

Sulle critiche a Sacchi di Angelo Colombo e Van basten: "Era un martello pneumatico, ripetitivo sulle sue idee, da questo punto di vista pesante. Ma penso che tutti debbano ringraziare Arrigo perché tutti noi siamo migliorati, diventati grandi e ancora oggi ricordati grazie al lavoro di Sacchi. Sarebbe irriconoscente".

Sullo scudetto del '96: "Weah lo chiamavo cioccolatino (ride ndr). Quello che accadeva in campo era frutto di ciò che vivevamo fuori. Gli proposi di venire a vivere con me perché la sua famiglia non era a Milano. C'era davvero un feeling importante sia dentro che fuori dal campo. Quando prendevo palla io George lo sentivo subito e dialogavamo benissimo".

Sull'eliminazione contro il Bordeaux: "Andammo lì con un po' di superficialità, perché loro ci dovevano fare 3 gol e poi ce li hanno fatti. In Francia per quello che ho avuto modo di conoscere riescono a dare tutto in una singola partita nelle Coppe. Quella volta successe esattamente questa cosa. I francesi su una gara secca riescono a fare cose pazzesche".

Similitudine con Rebic: "Io ci ho messo 2 anni a cambiare le prestazioni, mentre lui ci ha messo molto meno. Quando arrivai io al Milan era una squadra ricca di campioni e fu molto felice impormi immediatamente. Rebic ha avuto un'evoluzione più rapida di me. Nonostante il Milan negli ultimi anni stia facendo fatica, rimane sempre una grande squadra. Rebic potrebbe essersi sbloccato".

Su Rafael Leao: "Penso che debba buttare giù dei muri, ma la società lo deve aiutare. Nel mio caso il mio Milan ci diede tempo, nel caso di Leao il club lo deve sostenere perché ha qualità straordinarie. Lui non deve fare l'errore che ha fatto Piatek di andare via. Nei periodi di difficoltà cresci di più e lui deve fare così. Deve essere brava la società e paziente il ragazzo. Per me è un giocatore da Milan".

Sul paragone Leao-Niang: "Sono due calciatori tecnicamente e tatticamente diversi. Il luogo comune è che la gente pensa che magari Leao farà lo stesso percorso di Niang. Anche con il francese forse non gli è stato dato tempo. La mia preoccupazione è che questi ragazzi si facciano spingere fuori dal progetto, se sei al Milan devi avere la pazienza di stare lì. Il Milan è la storia del calcio ed è un patrimonio".

Su Theo Hernandez: "Ha ottimi numeri e sta facendo molto bene. In Francia c'è molta concorrenza, non è semplice entrare nel gruppo della nazionale francese. Però un occhio di riguardo glielo darei".

Su Cutrone: "Ha fatto male a decidere di andare via, ho questa sensazione. Credo che scalpitasse talmente tanto che la società ha poi deciso di venderlo. Credo che anche lui come Piatek doveva stare al Milan per crescere".

Sul suo rapporto con Baggio: "Mi ricordo un aneddoto. Dopo la partita Rosenborg-Milan c'era la polemica che io e George ci passavamo sempre la palla e Baggio era rimasto in panchina. I giornalisti crearono la polemica. Ma sul piano relazionale non c'era assolutamente alcun tipo di problema".

Sulle scarpe bianche a Vienna: "Le utilizzai la prima volta in finale col Marsiglia, ma mi riscaldai con quelle nere perché altrimenti Capello non mi avrebbe mai fatto giocare. Un minuto prima di entrare in campo le tirai fuori dall'armadietto e le misi addosso.. Capello mi incenerì col suo sguardo. Litigai molte volte con lui, ma Capello è stato il primo vero grande manager che ha gestito gruppi con 20 all stars negli ultimi vent'anni".

Una chiusa: "Quando ti macchi del sangue rossonero, se poi sei anche tifoso, è impossibile dimenticare. Eravamo un gruppo straordinario, con campioni che si adattavano immediatamente. Sono cose che ti rimangono sempre dentro".

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