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ESCLUSIVA – Dalla Bona: “Un errore andare al Milan, ecco perché”

Inzaghi, Maldini, Seedorf e Dalla Bona (qui con la maglia del Milan) | AC Milan News

MILAN NEWS - Dalla Bona ha giocato una sola stagione nel Milan, vincendo una Champions League e una Coppa Italia. La nostra intervista.

Redazione

MILAN NEWS - Una stagione sola con la maglia del Milan, in cui però è riuscito a vincere una Champions League e una Coppa Italia. Era quindi la stagione 2002/03 e stiamo parlando di Samuele Dalla Bona, che in rossonero ha collezionato 16 presenze, realizzando un gol proprio in Coppa Italia. Tuttavia, non è riuscito a incidere come ci aspettava dopo il suo arrivo dal Chelsea. Lo abbiamo intervistato in esclusiva. Ecco le sue parole.

Ciao Sam, nel 2002 firmasti per il Milan di Carlo Ancelotti. Era l'inizio di una grande era e quell’estata poi arrivarono pure Rivaldo, Seedorf, Tomasson e Nesta. Al Chelsea eri un pilastro ma al Milan poi ti sei ritagliato poco spazio. Perché decidesti di lasciare i Blues?

"Mi ricordo che la mattina di un Chelsea-Fulham Ariedo Braida mi chiamò per dirmi che sarebbe venuto a vedere la stracittadina dell'Ovest di Londra per vedermi, ero l'osservato speciale. Quel giorno feci una partita discreta ma non mi ero messo in mostra come avrei voluto non giocando al massimo delle mie potenzialità. Quando venni a sapere dell'interesse del Milan sono andato da Ranieri per chiedergli il suo parere. Ma lui non ci stava e mi disse: 'Rimani al Chelsea, i tuoi compagni di squadra ti adorano, sei giovane, la tua crescita come calciatore sta andando per il verso giusto, sei importante per questa squadra e qui giochi tutte le partite'. Prime che aggiunse: 'Poi cosa ci vai a fare al Milan? Non sei fatto per la cultura italiana, c'è troppa pressione da noi, la mentalità è diversa e poi fanno i ritiri pre-partita a cui tu non sei più abituato. Poi il Milan ha tanti campioni, giocheresti pochissimo'. Ma io feci di testa mia, era impossibile dire di no al Milan, quel Milan stellare era un sogno... E i miei agenti non fecero nulla per farmi cambiare idea. Alla fine accettai la proposta del Milan sapendo che il rischio di giocare poco c'era e che mi sarei ritagliato poco spazio. Ma io era sicuro di me stesso e avevo le qualità per impormi al Milan. Ero straconvinto di potercela fare. Poi il Milan è il Milan, un club storico. Era impossibile dire di no al Milan a 21 anni..."

Il tempo però ha dato ragione a Ranieri.

"Certo, Claudio mi aveva avvertito e alla fine poi ha avuto ragione. Ma anche Marcel Desailly e Christian Panucci mi dissero cento volte di restare al Chelsea. Ma come detto prima, feci di testa mia. Ero giovane, non ascoltavo nessuno. E poi ormai avevo presto la mia decisione di tornare in Italia e non sarei mai tornato sui miei passi. Che errore".

Rimpiangi il passaggio al Milan?

"Sì, perché a Londra avevo tutto. Mi trovavo a mio agio sia in campo che fuori. Il club nei miei confronti poi era molto carino e quando sentivo il bisogno tornare a casa per qualche giorno pagava sempre i miei biglietti d'aereo. A Milano poi non mi ero trovato bene, è una città che non ho mai amato. Londra è tutta un'altra cosa. Le cose stavano andando alla grande per me in Inghilterra dove stavo crescendo molto come calciatore. Roy Keane un giorno disse alla stampa che ero il miglior giovane che lui aveva affrontato in carriera e poi ero più forte di Lampard quando eravamo giovani. Il Chelsea poi con Abramovich iniziò a vincere negli anni successivi. Lasciare il Chelsea è un rimpianto che mi porterò dietro per tutta la vita ma ormai non posso tornare indietro nel tempo".

Quanto tempo ci hai messo per realizzare che fu una scelta sbagliata?

"Come detto prima io ero convinto di giocarmi le mie carte sapendo che il Milan aveva mostri sacri come Rui Costa, Seedorf, Pirlo, Gattuso e Ambrosini nel mio ruolo. Erano troppo forti e  io non ero al loro livello. Giocavo pochissimo perché Ancelotti mi impiegava con il contagocce e io con il passare del tempo ne risentivo".

Un parere su Ancelotti?

"Lui è un grande allenatore ma forse non amava troppo lavorare con i giovani all'epoca. Quando firmai per il Milan ero al top della condizione fisica e psicologica e potevo dire la mia ma è dura per qualunque calciatore far vedere le proprie qualità dalla panchina. Se ricordo bene, qualche mese dopo il mio arrivo al Milan, verso dicembre o gennaio, dicevo tra me e me che fu una cazzata lasciare il Chelsea per il Milan. Segnai al Chievo in Coppa Italia ma dalle immagini si vedeva che non ero felice".

Hai mai sognato di tornare al Chelsea?

"Si l'estate dopo parlai con il mio agente chiedendogli se ci fosse stata la possibilità di tornare al Chelsea ma era l'inizio dell'era Abramovich e poi non mi ero lasciato proprio bene con la società. Sapevo che sarebbe stato quasi impossibile tornare indietro. C'erano alcuni club di Premier League interessati a me ma io volevo solo il Chelsea. E poi il Milan credeva in me e voleva solo cedermi in prestito e alla fine rimasi in Italia. Un altro errore".

Andare al Milan è stato un ‘errore’ che poi però ti ha portato a vincere la Champions League a Manchester contro la Juve, la 'tua' Juve.

"È risaputo che sono juventino (ride n.d.r) ma voglio bene anche al Milan. Detto questo, io quella coppa non l'ho vinta da protagonista e non la sento mia per niente. Anche se ho ancora la medaglia a casa".

Chi erano i tuoi migliori amici al Chelsea?

"Uno su tutti il portiere Carlo Cudicini con cui sono ancora in contatto oggi. Ai tempi del Chelsea eravamo inseparabili e stavamo sempre insieme a Londra. Ma anche con Gianfranco Zola avevo un bel rapporto. Un giorno mi offrì una pizza perché gli avevo fatto un assist per un gol. Gianfranco era una bella persona. Marcel Desailly era una grande persona, un simpaticone che rideva sempre e a cui piaceva scherzare. È una persona molto positiva".

Il più intelligente?

"Graeme Le Saux. Ma grazie a Dio andavo d'accordo con tutti".

di Alessandro Schiavone

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