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Cessione Milan, le restrizioni del Governo cinese sono sui prestiti delle banche

Milan Berlusconi, Han li e Yonghong Li, altro rinvio per il closing ( credits: lastampa.it)
Il giornalista Pasquale Campopiano ha spiegato nel dettaglio il perché SES si trova in difficoltà nel reperire i soldi per definire l'acquisto del Milan

Daniele Triolo

Doveva essere a dicembre 2016. Poi è slittato al 3 marzo 2017. Infine, si dice, al : data che verrà confermata unicamente nel caso in cui arrivi sui conti di Fininvest. Il closing per il passaggio di passaggio di proprietà del Milan ai cinesi di Sino-Europe Sports somiglia sempre di più ad un parto travagliato. E non è detto che vi sia il lieto fine.

Pasquale Campopiano, giornalista che, ormai da mesi, si occupa della delicata vicenda della cessione del Milan, ha provato a spiegare, dettagliatamente, perché un'operazione che sembrava bene avviata si è fermata proprio sul più bello. Sino-Europe Sports sta trovando molte difficoltà, infatti, e, mano a mano, il suo Presidente, Yonghong Li, sta rimanendo solo, con le spalle al muro, con sempre meno finanziatori a disposizione per rilevare il club di Via Aldo Rossi.

Ma perché il Governo ha bloccato l'esportazione di capitali? Campopiano lo ha spiegato con l'ausilio di una sua fonte finanziaria cinese. Le banche cinesi, a cavallo tra gli anni Ottanta, Novanta e Duemila, hanno ammassato un'enorme liquidità. Quindi, cos'è successo? “Intorno al 2003 il Governo cinese ha aperto agli investimenti esteri e nel giro di pochi mesi quelle stesse banche si sono trasformate in un Far West. In sostanza davano soldi a tutti, liberando un mercato rimasto chiuso sotto il regime comunista, che come prima conseguenza, data la concessione di tantissimi prestiti, ha visto crescere l’economia cinese del 10% circa ogni anno. Una crescita enorme a fronte di un movimento di soldi incontrollato e “irrazionale”.

“I cittadini cinesi e le società in espansione hanno ottenuto dei finanziamenti/debiti/mutui enormi da queste banche ed hanno usato i fondi per comprare centinaia di società straniere, quasi 100 miliardi di dollari l’anno scorso di acquisizioni con almeno 300 milioni di investimenti diversi in ogni settore – si legge sul blog di Campopiano -. Facciamo un esempio: il signor “Pon Pon” ha solo un milione nel suo conto personale. Ma e’ amico del banchiere di turno o del politico in auge in quel momento e con quel milione riesce ad ottenere un prestito di 100 milioni dalla banca cinese a cui si rivolge. Intascati i suoi bei 100 milioni, il signor “Pon Pon” viene in Europa negli anni della forte crisi finanziaria e riesce con quei soldi a comprare una grande società. In parole povere in questi anni i cinesi sono venuti in Europa a comprare e soprattutto pagare tantissime società ad un prezzo decisamente superiore rispetto al loro valore reale”.

“Il trend di grandi acquisizioni con forti prestiti ha superato presto ogni limite di sopportazione per il Governo cinese. I massimi esponenti del partito comunista hanno cominciato a preoccuparsi per due motivi: innanzitutto che molte di queste operazioni gonfiate erano in realtà delle vere e proprie “truffe finanziarie”, nel senso che chi chiedeva i prestiti lo faceva in collusione con la banca di turno e a fronte di un capitale messo a garanzia decisamente basso. Poi, questi prestiti enormi, inevitabilmente, provocano e portano alla crisi bancaria cinese. E così si spiega il motivo principale per cui il governo cinese ha messo un forte freno alle transazioni cosiddette a debito, quelle cioè dove un investitore si affida soltanto in piccola parte al proprio patrimonio personale e il grosso dell’operazione lo chiude con gli istituti di credito. La stretta insomma, riguarda le acquisizioni di leveraged finance, cioè quelle compiute indebitandosi”.

E mentre , oltre al fatto di aver confezionato l’operazione prima delle decisioni di governo, dall’altra parte Yonghong Li, che mette soltanto una parte di soldi suoi, ma la maggior parte dell’acquisizione, vista anche l’enormità della cifra, è a debito/prestito, viene bloccato. “O meglio stoppato, rallentato dal fatto che qualche finanziatore si è inevitabilmente ritirato. Gli altri, invece, hanno sospeso il giudizio perché non vogliono pestare i piedi alle decisioni di governo. Da qui lo stallo. Oltre alla forte preoccupazione di come SES a fronte di questa situazione e di come potrà ripagare gli interessi sul debito se non a fronte di un piano industriale concreto e sicuro”.

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